mezzadria

Forma di contratto agrario in cui il proprietario del terreno (concedente) e il mezzadro si associano per la coltivazione del podere e per l’esercizio delle attività connesse, dividendone a metà i prodotti e gli utili. La mezzadria si diffuse a partire dal basso medioevo in varie zone d’Europa, con lo sviluppo delle libertà comunali, l’affrancamento dei servi della gleba e l’avvio di investimenti fondiari da parte della borghesia mercantile urbana. Nell’età moderna la maggiore disponibilità di manodopera prodotta dall’aumento demografico spinse le famiglie mezzadrili ad aumentare le prestazioni e ad accettare una quota minore del prodotto, spesso insufficiente al fabbisogno; ne conseguì un indebitamento che le trasformò in manodopera salariata. Poiché l’aumento degli obblighi dei mezzadri permise ai proprietari di aumentare la rendita senza grandi investimenti, in molte zone la mezzadria divenne un forte ostacolo alla diffusione del capitalismo agrario. Nella seconda metà dell’Ottocento il carattere ormai antiquato della mezzadria come sistema economico e sociale (in Italia diffusa soprattutto nelle regioni centrali) ne determinò la crisi progressiva. Solo in alcune zone tuttavia – specialmente dove predominava la grande proprietà – i poderi mezzadrili si trasformarono in aziende capitalistiche. In Italia la mezzadria fu abolita nel 1964, e sostituita con l’affitto in denaro.