Metternich-Winneburg Klemens Wenzel Lothar von

(Coblenza 1773, † Vienna 1859). Diplomatico e statista austriaco. Di nobili origini, studiò a Strasburgo e Magonza, quindi seguì a Bruxelles il padre, governatore dei Paesi Bassi. Trasferitosi, dopo l’occupazione francese, a Düsseldorf e poi a Vienna, nel 1795 sposò la principessa Eleonora von Kaunitz, nipote del cancelliere W.A. Kaunitz. Nel 1801 iniziò la carriera diplomatica al servizio dell’imperatore Francesco II. Fu inviato a Berlino nel 1803 e nel 1806 – l’anno in cui venne formalmente disciolto il Sacro Romano Impero – fu nominato ambasciatore a Parigi, dove poté conoscere direttamente il regime napoleonico ed entrare in contatto con C. Talleyrand e J. Fouché. Nel 1809, dopo la sconfitta di Wagram, fu nominato ministro degli Esteri e nel 1810 riuscì a combinare il matrimonio fra Napoleone e Maria Luisa d’Asburgo-Lorena, figlia di Francesco II, ottenendo per l’Austria facilitazioni nel pagamento delle indennità di guerra. Si adoperò allora per il rafforzamento dell’esercito e per il risanamento delle finanze, consolidando ulteriormente la sua posizione a corte, mentre ruppe con gli intellettuali austriaci che avevano appoggiato l’azione di governo durante la fase del dispotismo illuminato. Alleatosi strumentalmente con Napoleone, in occasione della campagna di Russia fornì all’imperatore francese un contingente di trentamila uomini, ma dopo la disfatta francese passò abilmente a una posizione di neutralità, cercando di sfruttarne i possibili vantaggi. Si propose infatti, non senza ambiguità, come mediatore fra le parti: firmò, nel giugno 1813, la convenzione di Reichenbach con l’Inghilterra, la Prussia e la Russia; avviò contemporaneamente i colloqui di Dresda con Napoleone. Al successivo congresso di Praga, fra il luglio e l’agosto, cercò di ottenere dall’imperatore francese una serie di concessioni in cambio della neutralità austriaca: vedendo fallito il suo tentativo, il 12 agosto fece dichiarare guerra alla Francia. Seppe allora sottrarre alleati a Napoleone stringendo una serie di trattati con i principi tedeschi, mentre crollava la Confederazione del Reno; nel gennaio 1814, dopo la vittoria degli eserciti alleati a Lipsia, convinse lo stesso re di Napoli G. Murat a passare dalla parte degli austriaci. Alla grande alleanza conclusa con il trattato di Chaumont il 1° marzo 1814 volle però che partecipassero solo le principali potenze, nel timore che le altre avrebbero potuto gravitare nell’orbita inglese o russa (la Russia in particolare si profilava per il cancelliere come una nuova probabile minaccia alla stabilità dell’Europa). Dopo l’epoca delle guerre napoleoniche, Metternich fu uno dei principali protagonisti dell’età della Restaurazione. Al congresso di Vienna (1814-15) riuscì a far trionfare i due principi dell’equilibrio e della legittimità nella prospettiva di un ordine europeo di tipo conservatore. Pur perdendo i Paesi Bassi, ottenne per l’Austria compensi territoriali nell’Europa centrale che ne fecero un’entità più omogenea sul piano territoriale. Riuscì soprattutto a stabilire l’egemonia austriaca sull’Italia e, insieme alla Prussia, sulla Confederazione germanica. Dimostrò grande concretezza nel fare della Santa Alleanza (26 settembre 1815), concepita in toni mistici dallo zar Alessandro I, lo strumento di una sorta di “internazionale reazionaria” a reciproco sostegno dei sovrani della Restaurazione, mentre sul piano interno volle mantenere un governo fortemente centralizzato, i cui punti di forza erano rappresentati dalla burocrazia e dall’opera di repressione poliziesca. Portò l’Austria entro la Quadruplice Alleanza proposta da R.S. Castlereagh e si adoperò per stroncare tutti i fermenti liberali e nazionali che scossero di volta in volta l’Europa. Nel 1819 convocò a Karlsbad un convegno degli stati della Confederazione germanica che promulgò i cosiddetti “decreti di Karlsbad” i quali imposero il controllo sulle università e la censura sulla stampa. Nel 1820, di fronte ai moti rivoluzionari di Spagna e Italia, convocò le potenze conservatrici della Quadruplice Alleanza nel congresso di Troppau, proponendo di intervenire direttamente nelle situazioni che minacciassero il mantenimento dell’ordine sancito dal congresso di Vienna. Nel 1821 fu tra i promotori del congresso di Lubiana durante il quale suggerì al re delle Due Sicilie Ferdinando I di richiedere esplicitamente l’intervento austriaco contro il governo costituzionale di G. Pepe, come in effetti avvenne. Nel 1822 prese parte al congresso di Verona, che affidò alla Francia il compito di dare corso alla repressione dei moti di Spagna: in quest’occasione si segnalò soprattutto per aver convinto lo zar Alessandro I a non intervenire a sostegno degli insorti greci contro il dominio ottomano. Di fronte ai moti scoppiati nel 1831 nell’Italia centrale, dopo essersi assicurato il non intervento del Piemonte, inviò le truppe guidate dal generale J.M. Frimont. La sua linea politica ottenne un nuovo successo quando, nel 1832, la Confederazione germanica adottò sei articoli di polizia che imponevano ai singoli stati tedeschi di respingere le petizioni liberali e vietavano le riunioni pubbliche. Nel convegno di Münchengrätz del 1833 ribadì, insieme ai rappresentanti della Prussia e della Russia, i princìpi reazionari della Santa Alleanza. La sua influenza a corte divenne meno forte negli anni di Ferdinando I (1835-1848), anche per i contrasti intervenuti con l’arciduca Luigi e con F.A. von Kolowrat-Liebsteinsky, mentre la situazione interna all’impero austriaco si aggravava soprattutto per la questione delle nazionalità. Nel marzo 1848 il suo rifiuto di prendere in considerazione qualsiasi prospettiva di riforma in senso costituzionale provocò l’insurrezione di Vienna, che lo costrinse ad abbandonare il potere e a fuggire in Inghilterra. Tornò nella capitale austriaca nel 1851 durante il regno di Francesco Giuseppe. Esercitò ancora qualche influenza sul giovane imperatore, ma in una situazione ormai profondamente mutata rispetto agli equilibri di cui, nel 1815, egli era stato uno dei principali artefici.