mercantilismo

L’espressione “sistema mercantile” apparve per la prima volta nella Filosofia rurale di Mirabeau (1763) e nella Ricchezza delle nazioni di A. Smith (1776), che attribuiva a questo sistema l’erronea identificazione di ricchezza e moneta, implicita nella dottrina della bilancia commerciale favorevole e nella politica protezionistica dei secoli precedenti. Più che una scuola economica unitaria, il mercantilismo è oggi considerato una parte costitutiva della riflessione sullo stato moderno, caratterizzata dal nesso che viene stabilito fra potenza dello stato e prosperità dei cittadini e che accomuna autori molto diversi in un arco di tempo che va dal XVI al XVIII secolo. In questo quadro è cruciale il commercio estero, ritenuto, in base a una concezione antagonistica dello scambio, il principale strumento di arricchimento in quanto permette di acquisire moneta e metalli preziosi a scapito degli altri stati e di alimentare il circuito interno della circolazione volto a promuovere l’industria e le attività rurali, cioè ad accrescere la ricchezza reale consistente nella terra e negli uomini. Da qui la necessità di porre sotto la giurisdizione sovrana la regolamentazione del commercio e dell’industria e di procedere a riforme fiscali e amministrative. Fra gli autori classici del mercantilismo sono annoverati J. Bodin, G. Botero, J. Child, B. Davanzati, J. Hales, B. de Laffemas, A. de Montchrétien, T. Mun, W. Petty, A. Serra. Gli esempi storici più significativi di politiche mercantilistiche sono quelli realizzati in Francia da Sully e Colbert, in Inghilterra da O. Cromwell e in Germania nel XIX secolo con il sistema di F. List.