Medici, Lorenzo de’

(Firenze 1449, † Carreggi 1492). Signore di Firenze dal 1469 al 1492. Figlio di Piero e di Lucrezia Tornabuoni, Lorenzo ebbe riconosciuta, alla morte del padre, la posizione di privilegio signorile detenuta insieme al fratello Giuliano. La sua figura assunse tuttavia preminenza a causa della sovrastante personalità, per le qualità politico-diplomatiche – ben presto messe in mostra nei negoziati con Milano e con Napoli e per il rinnovo della lega italica (1470) – e per il prestigio derivante dalla sua elevata formazione umanistico-letteraria. Fu poeta di rime popolaresche e di gusto stilnovistico (Canti carnascialeschi, Nencia di Barberino, Selve d’amore), nonché grande mecenate di poeti come il Poliziano e filosofi come Marsilio Ficino. Sotto la sua signoria Firenze divenne sempre più patria delle arti e della filosofia. Tuttavia l’unicità e la grandezza di Lorenzo rifulsero nel campo della politica degli stati italiani, della quale fu sottile tessitore e mediatore. Dopo aver superato la crisi generata dalla congiura dei Pazzi del 1478 (in cui perse la vita Giuliano), organizzata dalla famiglia antagonista dei Medici in Firenze col concorso di Girolamo Riario, nipote del papa Sisto IV, e stabilita una salda alleanza col re di Napoli (1479), Lorenzo riformò a partire dal 1480 il tessuto istituzionale fiorentino, riducendo l’influenza delle assisi popolari (Arti minori e medie, Mercanzia, Consiglio del popolo e del comune) a favore di una ristretta oligarchia di ottimati (rappresentata nel Consiglio dei Settanta) e allargando la sfera del suo potere personale e della cancelleria signorile. Divenuto papa nel 1484 Innocenzo VIII – che nominò i Medici depositari delle finanze della Santa Sede e promosse cardinale il secondogenito di Lorenzo, Giovanni, il futuro Leone X – Lorenzo riuscì, con abili patti di famiglia e con trattati, a legare insieme le sorti di Napoli, Roma e Milano, facendo di Firenze la bilancia della politica italiana. Ciò gli consentì di affermare l’egemonia fiorentina su Siena e Lucca, in Romagna e in Umbria. Tale situazione di potere e di equilibrio diplomatico doveva però rivelarsi instabile e peritura di fronte all’acuirsi delle contese tra Roma e Napoli, nonché della conflittualità destata nei confronti del dominio fiorentino dalle mire espansionistiche di Milano verso il Genovese e la Romagna. Col farsi avanti degli interessi francesi sul regno di Napoli, fatti valere da Carlo VIII nello stesso anno della morte del signore fiorentino, il sistema eretto da Lorenzo il Magnifico era infatti destinato a dissolversi nel giro di pochi anni.