Mazzini, Giuseppe

(Genova 1805, † Pisa 1872). Uomo politico italiano. Affiliato alla carboneria dal 1827, nel 1830 fu arrestato a Genova e costretto a scegliere tra il confino e l’esilio. Scelto il secondo, si recò a Marsiglia, dove fondò la Giovine Italia (1831), associazione politica finalizzata alla realizzazione di un’Italia unitaria, libera, indipendente e repubblicana. Dalla carboneria e dalle altre società segrete ormai lo separavano il carattere nazionale (non locale) del suo programma e la convinzione che la rivoluzione dovesse essere fatta “dal popolo e per il popolo”, non da un’élite settaria e senza ricorrere all’inaffidabile sostegno di sovrani nazionali o stranieri. Nel 1831 inviò provocatoriamente a Carlo Alberto una lettera in cui l’invitava a porsi alla guida del Risorgimento italiano, ricevendo in risposta, secondo le attese, un ordine di arresto se fosse rientrato nel regno sardo. La Giovine Italia, ispirata al principio dell’unità di “Pensiero e Azione”, doveva fondarsi sulla compattezza e sulla disponibilità dei propri membri al sacrificio, più che sul loro numero; sull’educazione del popolo; sulla fede repubblicana e unitaria. La lotta si sarebbe articolata nelle fasi della propaganda (a tal fine Mazzini fondò nel 1832 la rivista “La Giovine Italia”), dell’insurrezione (con la tecnica della guerra per bande), della rivoluzione con la convocazione di un Concilio Nazionale. Profondamente impregnato di spirito romantico, Mazzini concepì la militanza politica come una missione religiosa e respinse il materialismo individualistico della Francia illuministica e rivoluzionaria, affermando il primato dei doveri sui diritti. Dovere di ogni uomo è collaborare fraternamente con gli altri nelle tre sfere della Famiglia, della Nazione e dell’Umanità. La religiosità laica e immanentistica di Mazzini identificava Dio con la missione di ogni popolo (“Dio e popolo”) e con la legge del Progresso. All’Italia Mazzini assegnava una missione storica di particolare rilievo: dopo la Roma dei Cesari, che aveva unificato politicamente il mondo antico, e quella dei Papi, che aveva unificato in senso religioso l’Europa medievale, ora toccava alla Terza Roma la guida dei popoli verso una fratellanza universale nella libertà e nell’indipendenza, strutturata secondo il principio di nazionalità. La Giovine Italia andò incontro a vari fallimenti: nel 1833, quando dodici affiliati furono giustiziati nel regno sardo e Jacopo Ruffini, grande amico di Mazzini, si suicidò in carcere, e nel 1834, quando fallì un tentativo insurrezionale in Savoia e a Genova (Garibaldi, coinvolto, dovette fuggire in America). Trasferitosi in Svizzera, Mazzini fondò nel 1834 la Giovine Europa, per coordinare l’azione dei popoli impegnati nella propria liberazione (italiani, tedeschi, polacchi) in una Santa Alleanza dei popoli da opporre a quella dei sovrani. Nel 1837 fondò la Giovine Svizzera, per il rinnovamento democratico della Confederazione. Furono anni difficili, in cui solo l’incrollabile fede nel futuro successo consentirono di superare la “tempesta del dubbio” e accettare il costo umano dei tentativi falliti. Espulso dalla Svizzera, nel 1837 andò in Inghilterra, dove visse stentatamente aprendo una scuola per operai italiani. L’esperienza inglese lo aprì alla questione sociale, che affrontò rifiutando perentoriamente il comunismo e il socialismo, viziati di materialismo e di classismo, ma accettando l’ipotesi di un riformismo sociale fondato sulla collaborazione tra le classi e favorendo lo sviluppo della cooperazione operaia a fini di mutuo soccorso. In questa prospettiva fondò l’Unione degli Operai Italiani. Continuò comunque a subordinare la questione sociale a quella nazionale, la cui soluzione richiedeva lo sforzo congiunto del popolo intero. Nel 1848 tornò in Italia, a Milano (8 aprile), inizialmente accettando la collaborazione con Carlo Alberto nella comune lotta contro il nemico austriaco. Deluso dallo spirito puramente annessionistico del re sabaudo, propose una Costituente nazionale per deliberare sulla futura struttura dello stato unitario italiano. Ebbe un ruolo di primo piano nella breve esperienza della repubblica romana (1849), dove fu membro dell’Assemblea costituente e, proclamata la repubblica (9 febbraio), fu nominato triumviro con Aurelio Saffi e Carlo Armellini. Governò abilmente e con un programma decisamente democratico e progressista (costituzione del 3 luglio), fino al trionfo della reazione internazionale. Negli anni Cinquanta, dalla Svizzera continuò a coordinare le forze democratiche europee, costituendo il Comitato Centrale Democratico Europeo (1850), e italiane, fondando il Comitato Nazionale Italiano. Anche in tale decennio l’associazione e le sue iniziative subirono ripetute sconfitte (martiri di Belfiore, 1852; insurrezione milanese, 1853; spedizione di Sapri di Carlo Pisacane, 1857), che indussero numerosi democratici (Manin, Garibaldi) ad avvicinarsi al realismo cavouriano e alla Società nazionale (1857), lasciando il Partito d’azione, fondato da Mazzini nel 1853. Abbandonato dagli intellettuali borghesi, Mazzini non fu seguito neanche dalle masse contadine, estranee a un programma che non coniugava la democrazia politica con la riforma agraria. Nel corso della seconda guerra d’indipendenza (1859), cercò inutilmente un’intesa con Vittorio Emanuele II, rinunciando nuovamente alla pregiudiziale repubblicana. Nel corso della spedizione dei Mille (1860) accorse a Napoli (17 settembre) nella speranza, ancora una volta vana, di convincere Garibaldi a proseguire verso Roma e Venezia e a convocare una Costituente nazionale. Non si riconobbe nel regno d’Italia (1861) e nei governi della Destra storica. Nel 1864 aderì inizialmente alla Prima Internazionale, ma ne uscì subito per rifiuto del classismo di Marx. Nel 1871 condannò la Comune di Parigi. Morì in semiclandestinità a Pisa, nel 1872. Nel quadro complessivo del Risorgimento, Mazzini fu l’unico coerente sostenitore di una soluzione unitaria in senso forte, di contro ai progetti federali e confederali variamente teorizzati da moderati come Gioberti e Balbo o da democratici come Cattaneo e Ferrari. Grazie alla sua incessante attività, l’ideale unitario rimase vivo nella lunga stagione delle guerre d’indipendenza e fu infine fatto proprio da Cavour e dai Savoia, che lo realizzarono nel 1861. Per molto tempo ancora, tuttavia, l’ideale repubblicano – che Mazzini agitò in modo più o meno coerente per tutto il corso della sua vita – rimase privo di prospettive nella vicenda dell’Italia unita.