Mazarino, Giulio Raimondo

(Pescina, Abruzzo, 1602, † Vincennes 1661). Cardinale e uomo politico francese. Di origine italiana, studiò a Roma presso i gesuiti e in Spagna, per poi dedicarsi alla carriera militare e diplomatica. Dapprima capitano al servizio dei Colonna in Lombardia (1623-26), passò quindi al servizio del cardinale Antonio Barberini (1627-31): si mise allora in luce come mediatore fra Asburgo, Francia e Savoia al termine della guerra di successione al ducato di Mantova e del Monferrato. Nel 1631 propiziò la firma del trattato di Cherasco con cui la Francia ottenne il possesso di Pinerolo. Presi gli ordini minori nel 1632, l’anno seguente fu legato ad Avignone e poi nunzio straordinario a Parigi (1635-36). Nel 1639 divenne segretario del cardinale Richelieu, che nel 1641 gli fece ottenere la nomina a cardinale e lo indicò al sovrano come possibile successore alla sua morte (avvenuta nel 1642). Primo ministro di Luigi XIII per un solo anno, nel 1643 passò al servizio della reggente, Anna d’Austria. Nonostante le oggettive difficoltà – la minore età di Luigi XIV, la reggenza del trono di Francia da parte di una straniera e la necessità di imporre misure fiscali impopolari per finanziare la guerra dei Trent’anni (1618-48) – riuscì a proseguire l’opera di centralizzazione del potere e di consolidamento delle istituzioni intrapresa da Richelieu. Ottenne i risultati più brillanti in politica estera, riuscendo a fare della Francia la prima potenza d’Europa. Se infatti non riuscì a concretizzarsi, nel 1647, il suo progetto di acquisire il controllo del Napoletano (allora spagnolo), con i trattati di Vestfalia (1648) ottenne una pace assai vantaggiosa per la Francia che comportava, oltre a un profondo frazionamento del mondo tedesco, il riconoscimento da parte imperiale del possesso francese dei vescovati di Metz, Toul e Verdun, di Pinerolo e di parte dell’Alsazia. In campo interno nel 1648-49 dovette far fronte alla sollevazione del Parlamento di Parigi, la cosiddetta fronda parlamentare (determinata dalla sua decisione di costringere i funzionari che volessero il rinnovo della “paulette” a rinunciare ai salari per quattro anni). Costretto ad abbandonare Parigi insieme alla corte (febbraio 1649), nel marzo riuscì tuttavia a dividere il fronte dell’opposizione e a stipulare con i ribelli il trattato di Reuil, che gli consentì di ritornare nella capitale nell’agosto 1649. Subito dopo si trovò a contrastare la fronda dei principi (1650-53). Anche in questo caso tentò in un primo tempo la via della repressione facendo arrestare, dopo aver ottenuto l’appoggio del Parlamento di Parigi, i principali esponenti della ribellione nobiliare, ma il rinsaldarsi dell’alleanza fra il parlamento e l’opposizione nobiliare lo costrinse a lasciare nuovamente Parigi (1651). Rifugiatosi a Colonia, attese che scoppiassero le contraddizioni insite in quella effimera alleanza: nel 1653 infatti Luigi XIV poté tornare definitivamente nella capitale e il cardinale fu richiamato alla guida del governo. Importante il suo ruolo nella guerra contro la Spagna, ripresa dopo la fine della crisi dovuta alle due fronde: riuscì a stringere un’alleanza con l’Inghilterra, che consentì alla Francia di contare sull’aiuto militare e sulla flotta inglese, ottenendo poi, con la pace dei Pirenei (1659) i territori del Rossiglione, della Cerdagne e dell’Artois. In vista di una possibile unione delle corone di Francia e Spagna combinò il matrimonio, celebrato l’anno successivo, fra Luigi XIV e Maria Teresa, figlia di Filippo IV. Nel 1660 propiziò la pace di Oliva fra Svezia, Polonia, Brandeburgo e impero, successo diplomatico che costituiva una riprova del ruolo primario che anche grazie alla sua azione la Francia aveva assunto nello scacchiere europeo. Importanti furono infine la sua opera mecenatistica – la sua ricchissima biblioteca divenne poi sede della Biblioteca nazionale – e la lotta condotta contro il giansenismo.