Mattia d’Asburgo

(Vienna 1557, † ivi 1619). Arciduca d’Austria, re d’Ungheria dal 1608, re di Boemia dal 1611 e imperatore del Sacro Romano Impero dal 1612 al 1619. Figlio di Massimiliano II, fu governatore generale dei Paesi Bassi (1578-81), ebbe poi il governo dell’Ungheria dal 1592 e dal 1593 dell’Austria. Dal 1605, in concomitanza con il manifestarsi dei primi segni di squilibrio mentale del fratello, l’imperatore Rodolfo II, crebbe la sua influenza. Nel 1606 firmò la pace di Vienna con i ribelli ungheresi e un trattato di pace con i turchi; nel 1608 siglò con lo stesso Rodolfo II il trattato di Lieben, con il quale gli venivano ufficialmente riconosciuti l’Austria, l’Ungheria e la Moravia e gli era promessa la successione in Boemia. Nel 1611 furono gli stessi protestanti boemi, in rivolta contro Rodolfo II per la revoca della Littera Maiestatis, a offrirgli il trono: entrato con un proprio esercito in Praga, il 23 maggio fu quindi incoronato re di Boemia, e il 13 giugno dell’anno seguente, alla morte del fratello, salì al trono imperiale. La sua intenzione di proseguire l’opera di restaurazione del cattolicesimo intrapresa da Rodolfo II riacutizzò i contrasti con i principi protestanti che nella dieta di Ratisbona (1613) respinsero la sua richiesta di aiuti per proseguire la lotta contro i turchi e si allearono poi con le Province Unite in funzione antiasburgica. Anche in Boemia dal 1616 si manifestò apertamente l’ostilità verso la sua politica di imposizione forzata del cattolicesimo. La scelta del cugino, l’arciduca Ferdinando di Stiria (il futuro Ferdinando II), come erede al trono di Boemia e Ungheria e la decisione di far chiudere alcuni templi protestanti e di fare arrestare i delegati incaricati delle rimostranze scatenò la vera e propria ribellione che si espresse nella “defenestrazione di Praga” (1618), con cui ebbe inizio la guerra dei Trent’anni.