marginalismo

Metodo di analisi economica fondato sul concetto di utilità marginale (l’aumento di soddisfazione derivante dal consumo di una dose addizionale di un bene da parte del consumatore in un determinato periodo di tempo). In generale, le teorie marginaliste si fondano sull’idea che il valore di un bene coincida con la sua utilità marginale e non con il lavoro necessario per la sua produzione, e sul presupposto che i rapporti di scambio tra beni vadano spiegati in primo luogo con la struttura delle preferenze del consumatore piuttosto che con la quantità di lavoro incorporato. I prezzi dei beni derivano quindi dall’ottimizzazione del comportamento razionale del consumatore sul mercato. Il marginalismo postula così un movimento automatico verso un punto di equilibrio, ignorando variabili e ostacoli di natura istituzionale. Le idee marginaliste furono applicate da alcuni economisti già prima del 1850, ma solo nell’ultimo trentennio dell’Ottocento, con le teorie dei tre “fondatori” Jevons, Menger e Walras, il marginalismo divenne la teoria economica dominante; lo sviluppo delle loro teorie e delle questioni da essi lasciate irrisolte diede origine alla scuola economica neoclassica.