Marco Aurelio

(Roma 121, † Vindobona, Vienna, 180). Imperatore romano dal 161 al 180. Figlio di Marco Annio Vero e di Domizia Lucilla, fu educato a Roma dai più insigni maestri e mostrò fin dalla giovinezza il suo amore per la filosofia stoica. Pupillo di Adriano fu adottato per suo volere, nel 138, insieme con Lucio Vero, da Antonino Pio, di cui sposò in seguito la figlia Faustina Minore. Ricevuti nel 146 la tribunicia potestas e l’imperium proconsulare, regnò con Antonino fino alla morte di quest’ultimo. Salito quindi al trono per nomina del senato, associò come collega con pari dignità, con la sola esclusione del pontificato massimo, il fratello adottivo Lucio Vero. L’impero, che aveva attraversato durante il regno di Antonino Pio un periodo di pace, fu sconvolto da una serie di ribellioni e di guerre in Britannia, in Gallia e in Germania che furono agevolmente placate. Si aprì poi il conflitto sul fronte orientale (161-66): Lucio Vero, cui era stato affidato il comando, grazie soprattutto all’abilità del generale Avidio Cassio, riuscì vincitore e la Mesopotamia fu ridotta a provincia romana. Le truppe vittoriose, però, richiamate in seguito sul fronte danubiano sul quale si era nel frattempo aperta una breccia, portarono per la prima volta in Europa la peste bubbonica che decimò la popolazione. Tra il 166 e il 180 Marco Aurelio condusse la guerra germanica, che si articolò in tre differenti fasi: guerra marcomannica, sarmatica, germanica seconda. Nella prima fase i barbari distrussero Oderzo e attaccarono Aquileia, ma all’arrivo dei due imperatori scesero a patti e abbandonarono l’Italia. Rimasto unico imperatore alla morte di Vero, nel 169, Marco proseguì la guerra e, nel 175, accarezzava ormai il progetto di ridurre la Marcomannia e la Sarmatia al rango di province romane. Nello stesso anno affrontò vittoriosamente la secessione di Avidio Cassio, il potente legato di Siria che era stato nominato rector Orientis. Nel 177, alla ripresa della guerra germanica, associò alla porpora il figlio Commodo perché lo rappresentasse a Roma. Imperatore filosofo, campione dello stoicismo (fu anche autore dei famosi Pensieri), considerò il cristianesimo “una deformazione contro natura” e una forma di ostinazione e ne colpì i fedeli con locali persecuzioni (176 Asia, 177 Lione). Benché avesse assolto pienamente il suo compito di difensore dell’impero, alla sua morte l’equilibrio interno e internazionale dello stato era assai precario: le numerose guerre intraprese avevano impoverito l’erario, i cittadini erano vessati da una tassazione eccessiva, la pressione dei barbari ai confini stava diventando insostenibile.