Marche

Regione della repubblica italiana. Il suo territorio non ebbe nell’antichità una storia unitaria: dal IV secolo a.C. la parte settentrionale fu abitata dai galli senoni, mentre in quella meridionale si stanziarono i piceni; alle due popolazioni si aggiunsero alcune colonie costiere di greci, che vi fondarono Ancona. I romani, che completarono la conquista nel 268 a.C., continuarono a dividere amministrativamente la regione in due parti (la settentrionale fu unita all’Umbria, il Piceno all’Abruzzo). Anche nei primi secoli del medioevo, dopo il regno degli ostrogoti (493-553), il nord entrò a far parte della Pentapoli bizantina (553), il sud del ducato longobardo di Spoleto (568). Furono la vittoria dei franchi carolingi sui longobardi e la donazione di Pipino alla chiesa (756) a riunificare la regione sotto il potere ecclesiastico. Il controllo effettivo del territorio, però, rimase nelle mani dei potentati locali, che nel XIII secolo organizzarono forti centri di potere signorile (Montefeltro a Urbino, Malatesta a Rimini), contro cui ebbero efficacia limitata gli sforzi riunificatori o i tentativi di restaurazione pontificia da parte di Egidio di Albornoz (1337), Francesco Sforza (XV secolo) e Cesare Borgia (inizio del XVI secolo). Solo nel corso del XVI secolo lo stato pontificio riuscì progressivamente a riacquistare il controllo della regione, grazie all’indebolimento delle signorie e all’energica iniziativa di papi come il marchigiano Sisto V (1585-90), già arcivescovo di Fermo. Dopo la parentesi dell’età napoleonica, che le vide far parte prima della repubblica romana (1798-99), poi del regno d’Italia (1808-1813), le Marche ritornarono sotto il potere papale (nonostante i tentativi insurrezionali del 1831 e del 1849) fino alla conquista sabauda con la vittoria di Castelfidardo (18 settembre 1860), ratificata dal plebiscito del 4 novembre. Sotto il profilo economico e sociale la regione fu per secoli dominata dall’aristocrazia fondiaria e da un’agricoltura fondata sul sistema mezzadrile. In alcuni centri urbani si sviluppò un artigianato, dedito ai tradizionali settori della calzatura, dei mobili e dell’abbigliamento, che stentò a trasformarsi in moderna attività industriale e con l’unificazione italiana patì la concorrenza delle regioni più forti (all’inizio del XX secolo ci fu un intenso movimento emigratorio). Il commercio coinvolse solo le zone costiere. Nel secondo dopoguerra, soprattutto a partire dagli anni Sessanta, dalle imprese di origine artigianale prese il via un intenso sviluppo industriale, dinamico e flessibile, capace di inserirsi nel mercato mondiale e di fare del “modello marchigiano” un esempio riuscito di industrializzazione diffusa, fondata sulla piccola e media impresa e sull’articolazione in distretti industriali specializzati, come le calzature ad Ascoli Piceno o i mobili nella provincia di Pesaro.