Madison, James

(Port Conway, Virginia, 1751, † Montpelier, Virginia, 1836). Uomo politico statunitense. Presidente degli USA dal 1809 al 1817. Uno dei padri fondatori del paese, sviluppò fin da giovane un acuto senso delle libertà politiche e religiose. Nel 1776 fece parte insieme a Jefferson della convenzione rivoluzionaria della Virginia, e partecipò all’elaborazione della costituzione. Dal 1780 al 1783 fu membro del Congresso continentale, nel quale emerse come uno dei più strenui assertori del rafforzamento dell’Unione, soprattutto tramite il conferimento di competenze fiscali al governo federale. Dal 1783 al 1786 fu membro del parlamento della Virginia, dove si impegnò in favore dell’ammodernamento delle leggi e delle comunicazioni dello stato. In occasione delle convenzioni costituenti del 1787-88 influenzò in modo decisivo la stesura e la ratifica della costituzione, anche tramite la pubblicazione, con Jay e Hamilton, degli articoli de Il federalista (1787-88). Qui definì la costituzione proposta la più adatta a risolvere il principale problema del governo, quello di conciliare i contrasti tra i vari interessi economici; e, pur ribadendo la centralità dell’idea di sovranità popolare, sostenne la necessità di difendere la proprietà privata dagli attacchi delle maggioranze popolari, e di creare un effettivo intreccio tra i poteri esecutivo, legislativo e giudiziario per stabilire un efficace controllo reciproco. Eletto alla Camera dei Rappresentanti, fu tra i sostenitori dei primi 10 emendamenti della costituzione, che rafforzavano la libertà di religione, di parola e di stampa. Fautore di un’applicazione letterale della costituzione e della salvaguardia della libertà degli stati, e contrario al centralismo e alla politica estera filoinglese sostenuti da Hamilton, si avvicinò quindi al partito democratico-repubblicano di Jefferson. Insieme a questi guidò nel 1798 l’opposizione alla legislazione ostile agli stranieri e riduttiva delle libertà individuali (Alien and Sedition Acts) promossa dai federalisti al potere. Dopo essere stato eletto nel 1799 al parlamento della Virginia, con la presidenza di Jefferson divenne segretario di Stato (1801-09) e dovette gestire, senza molto successo, i complessi rapporti degli Stati Uniti con l’Inghilterra e la Francia allora in guerra. Nel 1808, indicato da Jefferson come suo successore, fu eletto presidente, ma in questa carica non confermò le grandi doti politiche mostrate fino ad allora. La sua gestione della politica estera facilitò lo scoppio della guerra con l’Inghilterra (1812-14), e nella conduzione del conflitto mise in mostra errori e incompetenze. Grazie ad alcune vittorie militari, tuttavia, la sua popolarità uscì rafforzata da una guerra sostanzialmente inutile per il paese. Criticato da una parte dei federalisti per non aver saputo impedire il conflitto, Madison finì per assumerne alcuni dei punti programmatici, come la creazione di una nuova banca nazionale e la promulgazione di una tariffa doganale a protezione della nascente industria (1816).