Lutero, Martin

(Eisleben, 1483, † ivi 1546). Riformatore tedesco. Nel 1505 entrò in un convento agostiniano, prese i voti nel 1506, nel 1507 fu ordinato sacerdote. Dal 1508 studiò teologia all’Università di Wittenberg, nel 1509-1510 visitò Roma ricevendo non poche impressioni negative. Nel 1512 si laureò in teologia e cominciò a insegnare la Sacra Scrittura. Divenne professore di esegesi biblica e lo rimase per tutta la vita. Studiando a fondo la Bibbia nelle lingue originali per preparare i suoi corsi universitari, Lutero scoprì quello che egli chiamò l’“Evangelo” e che divenne il principio ispiratore della Riforma, la bussola per interpretare tutto il messaggio biblico e l’intero cristianesimo: la giustificazione del peccatore, gratuita, immeritata e incondizionata. La salvezza non è faticosa e meritoria conquista dell’uomo (assistito dalla chiesa) ma libero e sovrano dono di Dio. L’Evangelo è l’annuncio che l’uomo è graziato da Dio, liberato da ogni colpa e da ogni debito e riconciliato con Dio. Questo annuncio si riceve per fede e in nessun altro modo: l’Evangelo come annuncio di grazia e la fede che accoglie con piena fiducia la parola divina che dichiara l’uomo giusto e amato da Dio, costituiscono i due capisaldi del discorso di Lutero. Dopo l’affissione e discussione delle 95 Tesi (1517) sulla “vera penitenza”, contro il mercato delle indulgenze e la falsa sicurezza che esse generavano, e dopo la disputa di Heidelberg (1518) e di Lipsia (1519), divenne chiaro che Lutero ormai attribuiva alla parola biblica più valore e maggiore autorità che alla parola del papa e della chiesa in genere. Nel 1520 comparvero i libri programmatici della Riforma: Il papato di Roma, l’Appello alla nobiltà cristiana della Nazione tedesca, la Cattività babilonese della chiesa, la Libertà del cristiano. Nel gennaio del 1521 Lutero fu scomunicato e nell’aprile dello stesso anno messo al bando dall’impero. Successe però che un certo numero di principi tedeschi, tra i quali spicca Federico il Savio di Sassonia, seguirono l’insegnamento di Lutero e aprirono i loro territori alla predicazione evangelica. Il movimento di rinnovamento teologico, morale, spirituale, ecclesiale e politico che poi divenne la Riforma protestante si dimostrò inarrestabile e investì l’intera Europa cristiana. Il ruolo di Lutero fu quello di detonatore di un processo che da tempo era in gestazione e che ebbe diversi altri protagonisti (Zwingli, Bucero, Ecolampadio, Calvino) e diversi centri di irradiazione oltre a Wittenberg (Zurigo, Basilea, Strasburgo, Ginevra). Resta il fatto che la Riforma protestante non può essere spiegata né capita senza Lutero. La sua “arma” dall’inizio alla fine fu la Sacra Scrittura, che egli studiò e commentò tutta la vita e che tradusse in tedesco, contribuendo in maniera decisiva alla nascita di questa lingua e, con essa, della coscienza nazionale tedesca. La sua teologia si forgiò nel clima incandescente di un dibattito vivacissimo, sovente conflittuale, sempre molto creativo con i più svariati interlocutori: con i teologi “sorbonisti”, aristotelici, preoccupati soprattutto di salvare i diritti della ragione, ai quali Lutero oppose la sapienza della croce (28 Tesi discusse nella Disputa di Heidelberg, 1518); con Carlostadio, sul rapporto tra Spirito (interno) e Parola (esterna) (Contro i profeti celesti, 1525); con Thomas Müntzer sulla questione politica (Esortazione alla pace in risposta ai dodici Articoli dei contadini di Svevia, 1525, preceduto da L’autorità secolare, fino a che punto si sia tenuti a prestarle ubbidienza, 1523); con Erasmo su Dio e l’uomo (Il servo arbitrio, 1525); con Zwingli, sulla Cena (Confessione sulla Cena, 1528); con gli “epicurei”, cioè gli umanisti atei (Contro gli antinomisti, 1539). Lutero criticò aspramente l’istituzione papale, non però sul piano morale ma spirituale e teologico. Nella guerra dei contadini (1524-25) si schierò contro di loro e, in particolare, contro l’idea di una “rivoluzione cristiana”. Sugli ebrei, Lutero non fu innovativo ma figlio acritico di una cultura medievale intimamente antiebraica (Sugli Ebrei e le loro menzogne, 1542). L’opus magnum di Lutero resta comunque quello di esegeta biblico, di predicatore instancabile e di pastore. Perciò tra i suoi scritti maggiori vanno annoverati il Piccolo e il Grande Catechismo (1529) e i grandi commentari ai Salmi (1513-15), alla Lettera ai Romani (1515-16) e alla Lettera ai Galati (1519, 1523, 1531). [Paolo Ricca]