Luigi XIV

(Saint-Germain-en-Laye 1638, † Versailles 1715). Re di Francia dal 1643 al 1715. Figlio di Luigi XIII e di Anna d’Austria, dalla morte del padre fino al 1651 regnò sotto la tutela della madre e del cardinale Mazarino, in un periodo contrassegnato dal deciso tentativo dell’aristocrazia di riconquistare le posizioni perdute negli anni di Luigi XIII e di Richelieu (un tentativo che ebbe nella fronda dei principi del 1649-52 il suo culmine). Dichiarato maggiorenne nel 1651 e incoronato a Reims il 7 giugno 1654, alla morte di Ferdinando III d’Asburgo (1657) pose la propria candidatura all’impero, ma gli fu preferito Leopoldo I d’Asburgo. Nel 1660 sposò, secondo quanto definito dal trattato dei Pirenei (1659), Maria Teresa, figlia di Filippo IV di Spagna. Convinto della propria legittimità di sovrano assoluto per grazia divina, dopo la morte di Mazarino (1661) non volle nominare un nuovo segretario di stato e si dedicò personalmente alla realizzazione di un compiuto sistema assolutistico (“lo stato sono io”), contrassegnato da un rigido centralismo politico e amministrativo (assolutismo). Costituì allora un’efficace rete di “Consigli” ai quali attribuì competenze specifiche, dal Consiglio di Stato fino al Consiglio degli Affari, vero organo di governo costituito da tre soli ministri di stato: il sovrintendente alle Finanze Fouquet, subito caduto in disgrazia, arrestato e sostituito con Colbert, il ministro della guerra Michel Le Tellier (grande artefice della riorganizzazione dell’esercito, dal 1685 sostituito dal figlio François-Michel) e il segretario degli Affari esteri H. De Lionne. Se in un primo tempo la scelta dei ministri cadde su esponenti dell’antica nobiltà legati a Mazarino, in seguito Luigi XIV si orientò sempre più su uomini provenienti dalla borghesia, nell’intento di controllare e neutralizzare le ambizioni della grande nobiltà (progressivamente sottomessa al sovrano e irretita negli sfarzi della vita di corte a Versailles). Al rafforzamento del potere regio fece riscontro il progressivo esautoramento degli Stati generali (non più convocati dal 1614) e lo svuotamento, nelle province, della funzione dei parlamenti, che dal 1665 ebbero come unico compito quello di registrare gli editti del sovrano. Funzioni amministrative e di controllo furono affidate agli “intendenti” (spesso scelti attraverso la pratica della vendita degli uffici). Fu inoltre avviata una profonda riforma dei codici e la riorganizzazione delle forze di polizia. Nel 1662 Luigi XIV firmò con i Paesi Bassi un trattato di alleanza in funzione anti-inglese e interruppe le trattative con la Spagna per il possesso della Franca Contea e del Lussemburgo. Nel 1663 rinnovò l’adesione francese alla Lega Renana; firmò poi, nel 1664, trattati di alleanza con il Brandeburgo e la Sassonia. Furono questi gli anni in cui si precisò la politica economica di Colbert, concretizzatasi nella razionalizzazione delle fonti fiscali e nel rafforzamento del sistema produttivo nazionale attraverso una sistematica opera di regolamentazione (mercantilismo). Anche la cultura fu improntata dal progetto assolutistico e dal mecenatismo di Luigi XIV, ai quali si deve un’effettiva rinascita delle lettere (Racine e Molière) e la trasformazione, fra il 1663 e il 1671, delle principali accademie in organizzazioni statali. Con il consolidamento delle istituzioni assolutistiche in Francia, Luigi XIV si volse sempre più decisamente verso la realizzazione di un progetto egemonico in Europa. Nel 1666 dichiarò guerra all’Inghilterra e rivendicò a nome della moglie la successione su alcuni territori dei Paesi Bassi. Già nel 1667, tuttavia, firmò un trattato segreto con il re d’Inghilterra in base al quale egli si impegnava a non intervenire a fianco degli olandesi contro l’Inghilterra, ottenendo in cambio che il sovrano inglese Carlo II non si opponesse all’annessione francese dei Paesi Bassi spagnoli. Diede quindi inizio, nel maggio 1667, alla guerra di Devoluzione conclusasi, dopo la formazione della Triplice Alleanza fra Olanda, Inghilterra e Svezia, con la pace di Aquisgrana (1668) e l’acquisizione da parte francese di dodici città dei Paesi Bassi spagnoli. Nel 1670 occupò il ducato di Lorena e, preparandosi all’offensiva contro le Province Unite, firmò con Carlo II d’Inghilterra il trattato di Dover, cui fecero seguito l’anno successivo gli accordi sottoscritti sia con i principali stati tedeschi sia con l’imperatore Leopoldo I (quest’ultimo però cambiò subito campo di alleanza). Nel marzo 1672 iniziò quindi, di concerto con l’Inghilterra, la guerra contro le Province Unite che, pur avendo registrato importanti successi militari francesi, si concluse con l’evacuazione di tutto il territorio delle Province Unite e con la rinuncia da parte della Francia ad applicare le tariffe doganali introdotte nel 1667 da Colbert (pace di Nimega, 1678). Fu questa la fase di massimo fulgore della potenza di Luigi XIV, il “Re Sole”, un sovrano che avrebbe caratterizzato quello che Voltaire definì poi come Il secolo di Luigi XIV. Nel 1680 il sovrano avviò l’annessione di molte città e territori (Alsazia, Lussemburgo, Strasburgo, Treviri, Coutrai) attraverso tribunali da lui appositamente creati, le “Camere di Riunione”, il cui compito era quello di giustificare almeno sul piano formale la sua politica di conquista. Il regime assolutistico si estese anche alla sfera religiosa. Dal 1680 iniziarono le persecuzioni contro gli ugonotti, culminate nel 1685 con la revoca dell’editto di Nantes; parallelamente nel 1682 un’assemblea del clero francese appositamente convocata dal sovrano a Saint-Germain approvò la “Dichiarazione dei quattro articoli” che, subordinando la chiesa al potere monarchico, le conferiva un’impronta “gallicana” (gallicanismo). Solo dopo una decina d’anni, con la salita al soglio pontificio di Innocenzo XII, i rapporti con il papato migliorarono e il sovrano poté appoggiarsi ai gesuiti nella lotta contro l’eterodossia calvinista e giansenista. Nel 1684 concluse una tregua di vent’anni con Leopoldo I e si vide temporaneamente riconoscere dall’imperatore, impegnato a oriente nella guerra contro i turchi, tutte le annessioni effettuate sino a quella data. Una politica estera così aggressiva portò tuttavia al completo isolamento della Francia, che dal 1686 si trovò di fronte a una coalizione di tutti i principali paesi europei, la Lega di Augusta. Con la dichiarazione di guerra, nel 1688, a Leopoldo I, cui fecero seguito quelle all’Olanda, alla Spagna e all’Inghilterra, provocò quindi la lunga guerra della lega di Augusta, che ebbe fra i principali teatri di scontro i Paesi Bassi, il Palatinato e la Spagna. Il conflitto durò sino al 1697 quando, di fronte alle crescenti difficoltà finanziarie e militari, Luigi XIV dovette accettare una pace che lo costringeva ad arrestare le sue mire espansionistiche. I trattati di Rijswijk (1697) posero fine alle ostilità con l’Olanda, l’Inghilterra, l’impero e la Spagna in cambio della rinuncia francese a tutte le annessioni (tranne Strasburgo) effettuate con l’espediente delle “Camere di riunione”; Luigi XIV fu inoltre costretto a riconoscere (nove anni dopo la rivoluzione inglese del 1688) Guglielmo III d’Orange quale legittimo sovrano inglese, a normalizzare i rapporti commerciali con le Province Unite e a restituire alla Spagna le zone occupate durante il conflitto. Nel 1698 si inserì nelle manovre diplomatiche per assicurarsi i massimi vantaggi dalla crisi dinastica spagnola, proponendo un progetto di spartizione delle aree di quello stato che attribuiva alla Francia Napoli e la Sicilia; fece poi seguire, nel 1700, un secondo progetto che prevedeva il passaggio alla Francia di tutti i domini spagnoli in Italia. Dopo la salita al trono di Spagna del nipote Filippo d’Angiò (poi Filippo V), rifiutò di riconoscere l’incompatibilità fra la corona spagnola e quella francese, invase i Paesi Bassi spagnoli, pretese per la Francia condizioni commerciali privilegiate nell’impero spagnolo: provocò così ancora una volta un conflitto generalizzato in Europa, la guerra di Successione spagnola (1701-1714). Di fronte alle gravi sconfitte subite a opera delle forze della “Grande Alleanza” antifrancese, nel 1706 tentò invano di avviare negoziati di pace, per poi respingere le condizioni impostegli nel 1709. L’anno seguente, dopo aver espressamente sollecitato la condanna del giansenismo da parte del papa, fece radere al suolo l’abbazia di Port Royal. In un clima di dura repressione delle rivolte contadine e protestanti, che si erano intensificate dall’inizio del secolo anche per i forti inasprimenti fiscali (nel 1710 venne introdotta la “decima” su ogni tipo di reddito), si appellò alla nazione perché lo appoggiasse nell’ultima fase della guerra contro la “Grande Alleanza”, riuscendo in effetti a ridare vigore al sentimento nazionale. Evitata la sconfitta sul piano militare e potendo approfittare di condizioni internazionali più favorevoli sottoscrisse quindi, nell’aprile 1713, il trattato di Utrecht con Inghilterra, Olanda, Portogallo, Savoia e Brandeburgo, e nel marzo del 1714 quello di Rastadt con l’impero. Morì il 1° settembre 1715, lasciando la Francia in una condizione di grave crisi economica e finanziaria dovuta principalmente alla lunga stagione di guerre condotte per l’egemonia in Europa.