Liberia

Stato attuale dell’Africa occidentale. Abitata dai mandé organizzati in una serie di piccole signorie locali, fu raggiunta dai portoghesi alla fine del XV secolo e poi da inglesi, olandesi e francesi. L’origine dello stato attuale si deve però all’iniziativa di una società filantropica americana, la American Colonization Society, che nel 1822 fondò presso capo Mesurado un insediamento – chiamato Monrovia in onore del presidente americano James Monroe – destinato agli ex schiavi neri americani. Il 26 luglio 1847 l’insediamento si proclamò indipendente e si diede una costituzione sul modello di quella statunitense. Nel 1857 esso si unì a un analogo insediamento sulla costa liberiana (presso Capo delle Palme) di ex schiavi americani del Maryland, dando così origine alla Liberia. Il nuovo stato poté godere dell’appoggio finanziario americano, elemento che si configurò tuttavia come un forte vincolo di dipendenza, particolarmente evidente in campo economico: fin dal 1926 la società Fireston controllò lo sfruttamento del caucciù, una delle risorse primarie del paese. La dirigenza politica e le leve dell’economia furono assunte dalla minoranza afroamericana, a discapito della maggioranza indigena. Dalla fine del XIX secolo la vita politica fu monopolizzata dal Partito dei veri liberali, al potere dal 1878 ed espressione dell’oligarchia dominante costituita dai discendenti degli schiavi americani. Dal 1943 si impose al suo interno la figura di William Tubman. Riconfermato alla presidenza dello stato dal 1944 fino al 1971, anno della sua morte, e dal 1966 dotato di poteri eccezionali, negli anni Cinquanta e Sessanta Tubman inaugurò una politica di relativa apertura verso la maggioranza autoctona e di progressiva emancipazione dalla pesante tutela economica americana. Il capitale straniero venne attirato attraverso notevoli agevolazioni (tanto da far parlare di “paradiso fiscale”) nella registrazione delle imbarcazioni navali: fu questa la causa della crescita della flotta mercantile, divenuta nel corso degli anni la prima del mondo. Questa linea fu poi ripresa dal suo successore William Tolbert, un pastore protestante afroamericano. Alla fine degli anni Settanta egli dovette però confrontarsi con una serie di rivolte e di scioperi promossi dall’Alleanza progressista della Liberia (PAL) di ispirazione marxista, e il 12 aprile 1980 fu ucciso durante un colpo di stato militare guidato da Samuel K. Doe. Dopo aver abrogato la costituzione, Doe indisse le elezioni per il 1985: alla testa del Partito nazionale democratico della Liberia (NDPL) fu quindi eletto presidente (grazie anche a brogli elettorali), ed entrò in carica nel gennaio 1986. Da allora la Liberia è stata teatro di ulteriori e profonde tensioni, con nuovi tentativi di golpe e insurrezioni in varie parti del paese. Particolarmente grave la ribellione guidata da Charles Taylor nella contea di Nimba, cuore minerario del paese, sede dei più importanti giacimenti di ferro, di cui la Liberia è fra i principali produttori mondiali. La ribellione, degenerata in guerra civile estesasi a tutto il paese, portò alla fine del regime di Doe nel settembre 1990. Taylor, grazie al sostegno francese e della Costa d’Avorio, giunse a controllare gran parte del paese (1992) ma la guerra proseguì. Con il sostegno della Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (ECOWAS), si formò a Monrovia un governo in opposizione a Taylor. Nonostante l’avvio di colloqui di pace, le operazioni militari continuarono cruente, fino a che nel 1997 non fu raggiunto un accordo che permise le elezioni, vinte nettamente da Taylor. Il nuovo governo procedette a una dura repressione nei confronti dell’opposizione. Nel 1999 Taylor dovette affrontare l’isolamento internazionale per l’appoggio dato ai guerriglieri della Sierra Leone e nel 2003 l’accusa di aver perpetrato di crimini di guerra. La guerra civile proseguì sino a quando Taylor non fu infine costretto, nel 2003, ad abbandonare il paese e a rifugiarsi in Nigeria. Estradato nei Paesi Bassi, fu qui successivamente processato per crimini contro l’umanità. Nel frattempo, dopo la fuga di Taylor, fu instaurato, con l’appoggio delle forze ONU, un governo di transizione. Nelle successive elezioni presidenziali del 2005 si impose Ellen Johnson Sirleaf, prima donna africana a ricoprire il ruolo di capo di stato, che si impegnò in un’energica azione volta a rilanciare l’economia e a riconciliare il paese dopo anni di continue violenze. A questo scopo nel 2006 fu costituita una Commissione per la Verità e la Riconciliazione. Nel 2011, dopo aver ricevuto il Nobel per la pace, Ellen Johnson Sirleaf fu riconfermata alla presidenza dello Stato.