liberalsocialismo

Con l’espressione “liberalsocialismo” si indica il tentativo di coniugare i valori di libertà propri del liberalismo con quelli di giustizia sociale propri del socialismo. Una prima corrente liberalsocialista si sviluppò alla fine del XIX secolo all’interno del pensiero liberale, che sentì l’esigenza di aprirsi alle istanze delle grandi masse ormai protagoniste della vita politica. In Italia si sviluppò nel primo dopoguerra, dopo l’avvento del fascismo. Il suo ideologo fu Carlo Rosselli (Socialismo liberale, 1930), che criticò il PSI e il determinismo marxista e ispirò, con le sue riflessioni, il movimento Giustizia e Libertà. Un’altra corrente liberalsocialista sorse nel 1936 a Pisa da un gruppo di giovani intellettuali influenzati dalla crociana religione della libertà e guidati da Aldo Capitini e Guido Calogero. Il movimento si estese all’Italia centro-settentrionale ed elaborò un programma che prevedeva la socializzazione delle principali imprese economiche e finanziarie, l’esproprio dei latifondi, la democratizzazione delle istituzioni politiche, il diritto universale allo studio, il pluralismo della stampa. Quasi tutti i liberalsocialisti confluirono nel Partito d’azione.