Leibniz, Gottfried Wilhelm

(Lipsia 1646, † Hannover 1716). Scienziato e filosofo tedesco. Fu un genio universale, paragonabile al suo contemporaneo e rivale I. Newton per ampiezza e profondità di interessi. Al servizio di vari sovrani tedeschi per incarichi politici oltre che culturali e scientifici, fu a Parigi dal 1672 al 1675, a Londra nel 1673 e quindi all’Aja. Ritornò in Germania nel 1676, al servizio della casa di Braunschweig-Lüneburg, per la quale avviò la stesura di una storia della famiglia di grande impegno e novità interpretativa. Fu in contatto con i più eminenti intellettuali europei attraverso un vastissimo epistolario. Nel 1700 fu il primo Presidente dell’Accademia delle Scienze di Berlino. Si adoperò attivamente per raggiungere la riunificazione dottrinale delle chiese cristiane; scrisse di problemi politici mostrandosi favorevole alle tradizioni di autonomia all’interno dell’impero. A partire dall’opera giovanile De arte combinatoria (1666) sviluppò l’interesse per la matematizzazione della logica. In saggi per riviste erudite presentò i princìpi del calcolo infinitesimale: ne seguì una sgradevole polemica con Newton e i suoi seguaci su chi per primo li avesse formulati. In gnoseologia fu antiempirista e antimeccanicista. La sua filosofia è fondata sul problema del rapporto tra anima e corpo. Per risolverlo elaborò il concetto di monade come sostanza attiva, principio di azione autonomo dell’universo. Il creato è quindi un complesso di monadi che si dispongono secondo una scala di perfezione crescente, senza soluzione di continuità. Considerò l’universo retto da un ordine finalistico voluto da Dio, all’interno del quale l’uomo non può non riconoscere il migliore dei mondi possibili: nel campo infinito delle possibilità la volontà divina ha scelto la migliore delle combinazioni possibili. L’ottimismo metafisico di Leibniz entrò nella cultura dell’Illuminismo tedesco e fu ridicolizzato da Voltaire nel Candido.