Kuwait

Stato attuale dell’Asia occidentale. Sceiccato costituzionale della dinastia beduina degli al Sabah, è situato sul vertice settentrionale del Golfo Arabico (o Persico), quasi completamente circondato da est e nord-ovest dall’Iraq e a sud-ovest dall’Arabia Saudita. Il Kuwait non ebbe in passato una particolare individualità statale, essendo piuttosto uno dei tanti potentati locali nei quali si divisero dapprima il califfato arabo, quindi gli altri imperi (fino all’impero ottomano) succedutisi nella penisola arabica lungo la storia più che millenaria dell’islam. Nell’Ottocento cadde sotto l’influenza britannica e, in virtù della sua posizione strategica sul Golfo, fece parte dei territori inseriti nella linea “Durand” nel 1892. Nel 1899 fu proclamato protettorato britannico. Nel corso del Novecento, in seguito alla scoperta e alla valorizzazione dei suoi immensi giacimenti di petrolio, la sua importanza s’accrebbe a dismisura sicché venne prolungata fino al 1961 la sua condizione di protettorato. Nello stesso anno, all’atto della dichiarazione di indipendenza, fu reclamato come provincia dell’Iraq dal generale Kassem, autore del colpo di stato che aveva rovesciato nel 1958 la monarchia tradizionalista irachena e nuovo primo ministro. A tale pretesa s’oppose la Gran Bretagna con l’appoggio della Lega araba, di cui il Kuwait fece subito parte, e soprattutto col sostegno delle altre monarchie semifeudali arabe circostanti, che vedevano con ansia l’aumento della forza irachena dopo l’assorbimento del potenziale petrolifero del Kuwait. Nella storia dell’economia petrolifera mondiale degli ultimi decenni il Kuwait ha giocato un ruolo di primo piano a fianco dell’Arabia Saudita tra i paesi aderenti all’OPEC. Nel 1990 l’Iraq di Saddam Hussein riaprì improvvisamente la questione dell’appartenenza del Kuwait alle sue province, procedendo nell’agosto all’invasione e all’annessione, condannata dall’ONU su istanza degli altri paesi arabi del Golfo. La conquista irachena del Kuwait aprì una gravissima crisi internazionale, non solo per l’atto d’aggressione a un paese vicino in uno scacchiere già alquanto agitato del Medio Oriente, ma soprattutto per le enormi implicazioni economiche e strategiche derivanti dall’occupazione di una delle più grandi riserve energetiche mondiali da parte di una grande potenza militare quale l’Iraq, che aspirava fra l’altro all’egemonia nella regione e nel mondo musulmano. Dopo una fase di trattative, che misero in luce le reali intenzioni del dittatore iracheno e l’unione sostanziale del fronte diplomatico internazionale nel giudizio di condanna e nella decisione di procedere militarmente in caso estremo, l’ultimatum del 15 gennaio 1991 dette il via alla “guerra del Golfo” condotta dalle forze alleate guidate dagli Stati Uniti su incarico dell’ONU. Il conflitto si concluse il 28 febbraio con la disfatta irachena (ma anche con la distruzione di vasta parte degli impianti petroliferi del Kuwait e con una vera e propria catastrofe ambientale nel Golfo Persico voluta per ritorsione da Saddam Hussein) e il ritiro delle truppe dal Kuwait, dove rientrò lo sceicco al Sabah. Nel quadro di una difficile ricostruzione e di profonde tensioni sociali, al Sabah fu costretto a democratizzare almeno parzialmente il sistema politico. Nel 1992 le elezioni per l’Assemblea nazionale – sospesa fin dal 1986 – diedero la maggioranza dei voti alle forze di opposizione. Dopo una nuova crisi con l’Iraq nell’ottobre del 1994 – subito rientrata per l’intervento degli USA – la sovranità e l’indipendenza del Kuwait furono formalmente riconosciute da Saddam Hussein. Le tensioni con l'Iraq si riaccesero periodicamente fino all’invasione americana del 2003. Nel 2006, alla morte dello sceicco Jabir Al-Ahmad Al-Sabah, il potere passò nelle mani dell’ex Ministro degli Esteri, Sabah Al-Ahmad Al-Jaber Al-Sabah. Negli anni successivi il paese conobbe numerose crisi politiche che costrinsero ripetutamente il nuovo sceicco a sciogliere il parlamento e a indire nuove elezioni. Il sistema politico fu sottoposto ad alcune rilevanti riforme, tra cui rientrò, nel 2005, la concessione del diritto di voto alle donne.
Anche in Kuwait il 2011 coincise con periodo di prolungate tensioni, che portarono infine alle dimissioni del primo ministro e allo scioglimento del parlamento. Le elezioni del febbraio 2012 videro la formazione di un nuovo parlamento dominato dalle forze d’opposizione, che, a causa dei continui scontri col governo, fu sciolto pochi mesi dopo. Per evitare il rischio della formazione di un nuovo parlamento dominato dall’opposizione, l’emiro Sabah Al-Ahmad Al-Jaber Al-Sabah ordinò la modifica della legge elettorale, scatenando nuove dimostrazioni di massa. Le elezioni di dicembre 2012, boicottate dalle opposizioni, furono vinte dai partiti filogovernativi.