Kant, Immanuel

(Königsberg 1724, † ivi 1804). Filosofo tedesco. Di lontane origini scozzesi, entrò a otto anni nel Collegium Fridericianum, dove la sua formazione fu profondamente influenzata dal pietismo ivi dominante, ma al quale era stato già iniziato dalla madre. Laureatosi in filosofia a Königsberg, lasciò la sua città solo per alcuni anni, trascorsi nella Prussia orientale come istitutore. Ritornato a Königsberg nel 1755, non ne ripartì più. Fu libero docente nell’Università e, dal 1770, ordinario di logica e metafisica. L’esistenza di Kant, totalmente immersa nell’insegnamento e nella speculazione filosofica, fece registrare solo un evento al di fuori di una proverbiale “normalità” (talmente regolare che, si dice, gli abitanti di Königsberg aggiustassero i loro orologi sull’ora della sua passeggiata pomeridiana): il dissenso con la censura ufficiale a proposito del suo scritto su La religione nei limiti della semplice ragione (1793), conflitto che tuttavia fu chiuso rapidamente con l’impegno, da parte di Kant, di non occuparsi più di questioni religiose. Nella filosofia kantiana – il “criticismo”, come fu chiamata sulla base delle sue tre opere principali, la Critica della ragion pura (1781), la Critica della ragion pratica (1788) e la Critica del giudizio (1790) – confluirono e furono unificati in una originale sintesi scientifica, sia sul piano gnoseologico sia su quello etico, le due tradizioni del razionalismo e dell’empirismo. In tal senso, Kant si pose anche come il massimo pensatore dell’Illuminismo tedesco. Se dal punto di vista della filosofia della conoscenza l’indagine di Kant si appuntò sulla definizione dei limiti e delle possibilità del soggetto spirituale conoscente (la “ragione pura”) – e quindi delle forme categoriche dei processi conoscitivi del mondo fenomenico retto dal principio di causalità, separato dal mondo dei noumeni accessibili solo dalla “ragion pratica” – la visione kantiana delle problematiche etiche e politiche, strettamente fondate sulla superiorità della legge morale che presiede all’operare della medesima “ragion pratica”, fu incardinata su una filosofia della storia progressiva che risentì anche dell’atteggiamento di iniziale simpatia e poi di ripensamento nei confronti della Rivoluzione francese. Essa fu esposta soprattutto nelle opere seguenti: Idea di una storia universale dal punto di vista cosmopolitico e Cos’è l’illuminismo? (1784); Per la pace perpetua (1795); Metafisica dei costumi (1797). Dopo aver teorizzato nella Critica della ragion pratica la superiorità della legge morale, espressa nell’imperativo categorico (“opera in modo che la massima della tua volontà possa sempre valere in ogni tempo come principio di una legislazione universale”), Kant stabilì – attraverso la mediazione del diritto – la relazione tra la dimensione morale individuale, interiormente libera ma esteriormente limitata dalla coazione derivante dalle leggi, con la sfera della politica, il cui obiettivo è la creazione dello stato di diritto. Utilizzando gli schemi del contrattualismo e del giusnaturalismo, Kant illustrò, in particolare nel saggio Per la pace perpetua, le premesse fondamentali di uno stato repubblicano e rappresentativo, fondato sul primato della legge, liberale nei suoi tratti e lontano sia dal modello giacobino sia da quello paternalista o dispotico (liberalismo). In polemica con la tradizione della ragion di stato, individuò inoltre le condizioni necessarie alla creazione di una situazione di “pace” stabile nella creazione di una federazione sovranazionale di stati.