Jefferson, Thomas

(Shadwell, Virginia, 1743, † Monticello, Virginia, 1826). Uomo politico statunitense. Presidente degli USA dal 1801 al 1809. Uno dei padri fondatori del paese, nacque in un’agiata famiglia di proprietari terrieri, e dimostrò fin da giovane grandi interessi ed energie intellettuali, appassionandosi soprattutto di letteratura greca e latina, storia, matematica e filosofia. Dopo severi studi di diritto iniziò l’attività di avvocato, e nel 1769 fu eletto nel parlamento della Virginia, dove divenne presto uno dei maggiori esponenti dell’opposizione alla politica coloniale inglese. Con il suo pamphlet Una sommaria rassegna dei diritti dell’America britannica (1774) negò al parlamento inglese ogni autorità di legiferare per le colonie, nel nome dei diritti “naturali” di emigrazione e colonizzazione e del carattere volontario della sottomissione dei coloni al re. Nel 1775-76 fece parte del secondo Congresso continentale, dove accentuò la propria posizione anti-inglese e fu tra gli autori della Dichiarazione di indipendenza (4 luglio 1776), alla cui stesura diede senz’altro il maggiore contributo. Ispirandosi alla filosofia politica di Locke, espose in questo documento la sua concezione di un governo fondato sul massimo grado di consenso popolare, volto a garantire i diritti inalienabili dell’uomo (“la vita, la libertà e la ricerca della felicità”) e operante come mezzo per il benessere della società e non come fine a se stesso. Tornato nel parlamento della Virginia, elaborò un ampio piano di riforma economica e politica dello stato che rifletteva la sua concezione del governo repubblicano: lotta al latifondo e diritto alla piccola e media proprietà fondiaria, libertà di stampa, diritto all’istruzione e selezione dei capi politici in base al merito e non alla ricchezza, separazione tra stato e chiesa e completa libertà religiosa. Ma i suoi progetti di riforma del sistema educativo incontrarono molte difficoltà. Nel 1779 fu eletto governatore della Virginia, ma, criticato per l’insufficiente difesa dall’invasione inglese dello stato (1780-81), si ritirò dalla politica attiva; in questo periodo (1781-82) scrisse il suo unico libro, le Note sullo stato della Virginia, dove, oltre a ribadire le sue concezioni politiche, tracciò un approfondito quadro della vita economica, sociale e politica dell’epoca. Nel dicembre 1782 fu delegato della Virginia al Congresso continentale, dove, tra altre iniziative, tentò di proibire la schiavitù nei territori di futura acquisizione degli Stati Uniti. Nel 1785 fu nominato ambasciatore in Francia, dove allacciò importanti rapporti politico-culturali e commerciali. Tornato in patria alla fine del 1789, fu nominato da Washington segretario di Stato; in questa veste iniziò poco dopo il suo lungo conflitto con Hamilton, segretario al Tesoro, di cui criticava la politica finanziaria accentratrice e la politica estera filoinglese. La lotta tra i due diede origine ai due grandi partiti, il repubblicano (guidato da Jefferson e da Madison) e il federalista (guidato da Hamilton). Ritiratosi dalla carica nel 1793, continuò l’attività politica; nel 1797 fu vice di John Adams. Eletto presidente nel 1800, stabilì una sostanziale continuità con la linea federalista dei presidenti precedenti, dando prova di un certo equilibrio in un periodo di accesi contrasti politici; ma allo stesso tempo avviò la prassi della rotazione degli uffici (lo spoils system), e un conflitto con il potere giudiziario, che riteneva dominato dai federalisti e ostile alle idee repubblicane, e in particolare con la Corte Suprema, le cui pretese di esclusiva interpretazione della Costituzione egli giudicava inconciliabili con un governo repubblicano. In questo senso attuò una vera e propria rifondazione in senso democratico delle istituzioni americane. L’atto politico più importante della sua presidenza fu l’acquisto della Louisiana dalla Francia (1803), con cui gli USA raddoppiarono la propria superficie ponendo le basi della futura egemonia continentale. L’embargo commerciale da lui proclamato nel 1807 per sottolineare la neutralità americana nelle guerre napoleoniche suscitò invece aspre critiche negli ambienti economici e politici. Dopo il suo ritiro tornò a dedicarsi agli studi e ai progetti di riforma del sistema educativo, che si concretizzarono nel 1819 con l’istituzione dell’Università della Virginia.