investiture, lotta per le

Fu il conflitto che oppose la chiesa romana e l’impero a partire dal pontificato di Gregorio VII (1073-1085) fino al 1122 e che fu caratterizzato, ma non scatenato, dalla questione delle investiture. Con questo termine si intendeva l’attribuzione da parte dell’autorità politica di funzioni inerenti all’amministrazione pubblica, nonché delle dotazioni necessarie per esercitarle (es. beni fondiari). Il re o l’imperatore “investiva” della propria autorità e di poteri delegati altri uomini (i conti) che così formalmente esercitavano, nella circoscrizione (“comitato”, “contea”) da essi controllata, il potere in nome e per conto del sovrano: ad esempio il diritto-dovere di raccogliere gli armati per formare l’esercito; la riscossione di tasse e pedaggi; la fortificazione di città e borghi; il controllo di porti, valichi, vie d’acqua e di terra; l’indizione di processi per giudicare i crimini, dirimere le controversie, dettare il diritto. Fin dall’inizio del X secolo queste funzioni furono molto spesso assunte dai vescovi, le cui diocesi non di rado coincidevano con quelle del “comitato”, specialmente in Francia e in Germania. Furono gli imperatori tedeschi a formalizzare lo statuto comitale e pubblico dell’episcopato che, attraverso le procedure di investitura, assicurava al sovrano una collaborazione nel governo del regno. Con l’ascesa al soglio pontificio di Gregorio VII questo sistema di procedure e di governo fu messo in discussione: non fu però una contestazione prestabilita e programmata, ma l’evoluzione politica della lotta avviata contro la possibilità che l’imperatore avesse un certo ruolo (garantito ma non ben definito da un accordo nel 1059) nell’elezione papale. La proibizione delle investiture, dichiarate un’eresia, si intrecciò con la riforma romana e si rivelò uno strumento di lotta molto efficace perché metteva gli ecclesiastici – molti dei quali furono colpiti da scomunica – nella condizione di dover scegliere tra la fedeltà giurata al re e l’obbedienza dovuta al papa. Da parte gregoriana essa fu giustificata con l’argomento che i laici, le cui mani grondano sangue perché essi esercitano la funzione guerriera nella società, non potevano disporre degli ecclesiastici e dei simboli del governo della chiesa, sacri e puri, per conferire loro quelle funzioni pubbliche che, nella pratica, li avrebbero assimilati agli stessi laici. Il problema dell’investitura divenne quindi emblematico di tutta la questione della gerarchia di rapporti fra laici ed ecclesiastici e, quindi, fra il re (che era una persona sacra) e il papa. La lotta ebbe momenti di grande drammaticità: la scomunica dell’imperatore Enrico IV (1076), costretto poi all’umiliazione di Canossa (1077), la fuga di Gregorio VII da Roma e l’elezione di un antipapa imperiale, Clemente III. Il papa Urbano II (1088-1099) estese il conflitto ai regni di Francia e Inghilterra, condannando anche l’omaggio ligio (il giuramento di fedeltà che il vassallo prestava nelle mani del proprio signore), coinvolgendo così nel conflitto anche il clero di quei regni. Verso la fine del secolo il vescovo Ivo di Chartres suggerì che l’investitura non poteva essere considerata un’eresia, perché non costituiva materia di fede. Il papa Pasquale II (1099-1118) fece grandi passi verso una soluzione concreta: raggiunse compromessi con l’Inghilterra (1105) e la Francia (1107), mentre nel 1111, prendendo atto dell’oggettiva difficoltà dell’imperatore e dei vescovi a rinunciare alle investiture ecclesiastiche, siglò un accordo con l’imperatore Enrico V nel quale gli si riconosceva la liceità d’investitura e alla chiesa un diritto di veto sugli uomini da investire. Soluzione realistica ma sin troppo drastica: la reazione fu tale che lo stesso papa fu accusato d’eresia. Il conflitto si chiuse nel 1122 con il compromesso di Worms, siglato da Enrico V e da papa Callisto II, in base al quale la concessione delle investiture avrebbe preceduto la consacrazione del vescovo nei territori di giurisdizione imperiale e l’avrebbe invece seguita altrove (Italia settentrionale e Borgogna). Nella pratica le investiture continuarono a essere conferite ovunque fosse possibile, ma quel sanguinoso periodo fu importante per la quantità e la qualità delle elaborazioni teoriche che le due parti misero in campo per confutarsi vicendevolmente, e per i durevoli effetti che si ebbero nella concreta fondazione del primato papale. [Glauco Maria Cantarella]