Hussein, Saddam

(Tikrit 1937, † Baghdad 2006). Uomo politico iracheno. Membro del partito Baath, nel 1959 fu costretto a fuggire in Egitto in seguito a una condanna a morte per aver complottato contro il dittatore Kassem. Nel 1963 poté ritornare in patria grazie al colpo di stato nel corso del quale lo stesso Kassem venne assassinato. Nel 1968 partecipò attivamente a un nuovo colpo di stato organizzato dal Baath e l’anno successivo fu nominato vicepresidente del Consiglio del Comando Rivoluzionario. Condivise di fatto il potere con il presidente Ahmed Hasan al-Bakr fino al 1979, anno in cui lo destituì, diventando egli stesso presidente. Rafforzato il proprio potere grazie a una serie di violente epurazioni all’interno del Baath, Hussein nel 1980 attaccò l’Iran, pensando di poter approfittare delle difficoltà interne e dell’isolamento internazionale di quel paese per sottrargli le regioni di confine dello Shatt al-’Arab, ricche di petrolio e di importanza strategica per il controllo del Golfo Persico. Nonostante l’iniziale appoggio delle potenze occidentali e dei paesi arabi moderati, che temevano la diffusione dell’integralismo sciita, non riuscì ad avere ragione della resistenza iraniana. Seguì una lunga e distruttiva guerra di posizione, nel corso della quale Hussein utilizzò anche i gas tossici messi al bando dalle convenzioni internazionali. Nello stesso periodo usò queste armi anche per reprimere i fermenti indipendentistici della minoranza curda. Nel 1988 il conflitto con l’Iran si concluse con un armistizio che lasciava immutati i confini iniziali. Per rilanciare il proprio prestigio facendo leva sul nazionalismo e per riassestare l’economia irachena, nel 1990 Hussein invase l’emirato del Kuwait, paese ricchissimo di petrolio, che da tempo l’Iraq sosteneva essere storicamente e geograficamente parte integrante del proprio territorio. L’immediata condanna dell’invasione da parte dell’ONU portò alla formazione di una forza internazionale in cui ebbero un ruolo preponderante gli Stati Uniti. La guerra del Golfo, tra il gennaio e il marzo del 1991, si concluse con la sconfitta militare dell’Iraq, cui furono imposte pesanti sanzioni. Nonostante ciò, e nonostante il permanere dell’isolamento internazionale, Saddam Hussein riuscì a mantenere il potere e a reprimere i tentativi di insurrezione dei curdi e degli sciiti. Nella seconda metà degli anni Novanta Saddam fu accusato di promuovere segretamente la produzione di armi chimiche e biologiche. Le difficoltà frapposte ai controlli degli ispettori inviati dalle Nazioni Unite furono la causa di una nuova grave crisi internazionale, che nel 1998 spinse Stati Uniti e Gran Bretagna a intervenire militarmente in Iraq contro obiettivi militari e industriali. All’indomani degli attacchi terroristici del 2001 la questione si riaprì e nel 2002, sotto la pressione degli Stati Uniti, Saddam autorizzò il ritorno degli ispettori dell’ONU. Nello stesso anno fu riconfermato con un referendum alla guida del paese. Il 17 marzo 2003, accusato di non adempiere agli obblighi imposti della comunità internazionale e anzi di nascondere armi di distruzione di massa, Saddam ricevette da George W. Bush un ultimatum in base al quale gli fu imposto di lasciare il potere entro 48 ore. Tre giorni dopo, USA e Gran Bretagna invasero l’Iraq. Riuscito inizialmente a sottrarsi alla cattura, fu infine arrestato nel dicembre dello stesso anno e processato nel 2005 da un tribunale iracheno. Nel 2006 fu giudicato colpevole di reati contro l’umanità e condannato alla pena di morte.