gulag

Abbreviazione di Glavnoje upravlenije lagerej (Amministrazione generale dei campi di lavoro correttivi). Divenne sinonimo del sistema repressivo sovietico (Russia, 7). Le sue origini sono da ricondursi al 1919, quando un decreto del Commissariato del popolo per gli interni stabilì le modalità di organizzazione dei “campi di lavoro forzato”, nei quali dovevano essere convogliate persone condannate dai tribunali, e dei “campi di concentramento” di persone (nemici politici, parassiti, disertori, criminali comuni, ecc.) arrestate in base a ordinanze amministrative. Presto però la distinzione perse di significato. Nel 1921 i condannati alla deportazione erano valutati intorno ai 70.000. Nel 1953 le cifre ufficiali li indicavano in 2 milioni e mezzo. Essi comprendevano, oltre alle categorie sopra indicate, dissidenti di ogni tipo, comunisti antistaliniani, contadini che avevano resistito alla collettivizzazione forzata delle terre, operai e tecnici accusati di sabotaggio, interi gruppi etnici deportati durante la seconda guerra mondiale per tradimento e collaborazionismo con i tedeschi. La morte di Stalin (1953) e il processo di destalinizzazione segnarono l’inizio dello smantellamento del gulag, ma non la sua fine, che ebbe luogo solo negli anni Ottanta. A svelare all’opinione pubblica mondiale la realtà del gulag in tutta la sua portata fu la celebre opera dello scrittore A. Solzenicyn Arcipelago Gulag (1973).