Gorbacëv, Michail Sergejevic

(Privol’noe 1931, viv.). Uomo politico sovietico. Laureato in giurisprudenza, entrò nell’organizzazione giovanile comunista e quindi nel Partito comunista, di cui divenne responsabile regionale. Dal 1971 nel comitato centrale e dal 1978 nella segreteria del partito come responsabile per l’agricoltura, fu eletto nel 1980 membro dell’Ufficio politico. Durante le segreterie di J.V. Andropov (1982-84) e di K.U. Cernenko (1984-85), conquistò un ruolo preminente nella nomenklatura sovietica e, alla morte di quest’ultimo nel 1985, fu eletto segretario generale del partito. Convinto dell’inevitabilità e inderogabilità di una riforma radicale del sistema economico e sociale sovietico, lanciò a partire dalla primavera del 1986 un vasto programma di riforme dall’alto identificato da due parole d’ordine che divennero subito famose nel mondo: perestrojka (ristrutturazione), cioè riforma in senso liberale dell’economia e della gestione della società nel suo complesso, e glasnost (trasparenza), cioè democratizzazione dei rapporti fra istituzioni e cittadini con un maggior riconoscimento delle libertà individuali. Imponendosi alle resistenze dei conservatori, il nuovo corso gorbacëviano mutò rapidamente il volto dell’URSS. Fu riconosciuta, entro certi limiti, la libertà di associazione e di stampa, furono riabilitate molte vittime delle repressioni di Stalin e fu sancito il diritto delle opposizioni a esprimersi. L’idea di Gorbacëv era di riformare in profondità il sistema, caduto in una gravissima crisi in primo luogo economica, senza intaccarne sostanzialmente le strutture politiche e il carattere socialista. In politica estera sostenne la necessità di superare la contrapposizione tra i due blocchi per giungere a un nuovo ordine internazionale basato sulla collaborazione pacifica e sul disarmo. In quest’ottica fu protagonista, assieme al ministro degli esteri E. Shevardnadze, di una serie di storici incontri al vertice con il presidente americano R. Reagan e col suo successore G. Bush, nel corso dei quali furono raggiunti decisivi accordi per la limitazione e in seguito l’eliminazione degli arsenali militari nucleari e chimici. Promosse poi il ritiro delle truppe sovietiche dall’Afghanistan (1986-89), il disimpegno dal Corno d’Africa e una serie di accordi con la Cina e con i paesi della CEE. Diede il proprio appoggio ai riformatori nei paesi dell’Europa orientale, riavvicinando così l’URSS agli stati occidentali. Particolarmente significativa fu la decisione, nel 1989, di avviare il ritiro delle truppe sovietiche da Ungheria, Cecoslovacchia e Germania Est. Il nuovo corso, tuttavia, finì per innescare un inarrestabile processo di democratizzazione nei paesi dell’ex blocco sovietico che portò a un rapido crollo dei regimi comunisti nell’Europa centrale e orientale e alla riunificazione delle due Germanie. L’incontro fra il capo sovietico e papa Giovanni Paolo II (dicembre 1989) aveva intanto portato alla normalizzazione delle relazioni fra Unione Sovietica e Vaticano e aperto la strada al riconoscimento, nel settembre dell’anno successivo, della libertà di culto in URSS. Nel frattempo altre riforme interne volute da Gorbacëv erano state approvate: l’apertura delle liste elettorali a candidati estranei al PCUS, il collegamento nelle imprese statali delle retribuzioni alla produttività, la liberalizzazione del piccolo commercio e infine (dicembre 1988) l’istituzione del Congresso dei deputati del popolo, eletto per i 2/3 dei suoi 2250 membri a suffragio universale diretto, il quale avrebbe eletto il Soviet supremo e il suo presidente. Nell’ottobre 1990 ottenne il Nobel per la pace. Mentre la sua popolarità all’estero era al culmine, all’interno l’inarrestabile crisi economica, il rallentamento delle riforme e il problema delle nazionalità contribuirono all’erosione della sua autorità. Stretto fra gli attacchi dei conservatori e dei radicali, Gorbacëv reagì accentrando il potere nelle proprie mani. Avviò una riforma del sistema politico in senso presidenziale, che venne approvata dal Soviet supremo nel febbraio 1990. Il mese seguente il Congresso dei deputati del popolo, su proposta dello stesso Gorbacëv, abolì il ruolo guida del PCUS. Il 14 marzo fu eletto dal Congresso dei deputati presidente dell’URSS. Nel luglio dello stesso anno, al XXVIII Congresso del PCUS, si scontrò frontalmente con i conservatori ma fu rieletto segretario del partito. Fu proprio al Congresso che B. Eltsin e i radicali annunciarono la loro uscita dal partito e il ritiro da ogni carica governativa. Ciò indebolì ulteriormente la posizione del segretario. Intanto sia la Lituania (11 marzo) sia la Lettonia (4 maggio) proclamarono la propria indipendenza da Mosca. Il progetto gorbacëviano di rifondare su nuove basi una federazione fra le repubbliche che salvasse l’unità del paese non portò ad alcun risultato. L’intervento militare nelle repubbliche baltiche (gennaio 1991) per ristabilirvi la sovranità sovietica non risolse la crisi. Si era ormai allo scontro aperto tra Gorbacëv da una parte e i presidenti delle singole repubbliche guidati da Eltsin dall’altra. Al plenum del PCUS del 25 luglio 1991, Gorbacëv propose il cambiamento del nome del partito e l’abbandono del marxismo-leninismo; ciò comportò la rottura definitiva con i conservatori. In questo clima, il 19 agosto 1991 alcuni ministri, vari esponenti dell’apparato militare e i gruppi più reazionari del partito con la neutralità o il sostegno di istituzioni panrusse quali il PCUS, il Soviet supremo e settori dell’Armata rossa misero in atto un colpo di stato. Sequestrato dai golpisti ma quasi subito liberato, Gorbacëv tornò formalmente a guidare il paese. La sua posizione, tuttavia, risultò ormai del tutto indebolita e oscurata da Eltsin. In pochi giorni anche Ucraina, Moldavia e Bielorussia proclamarono l’indipendenza da Mosca. Dimessosi dalla carica di segretario del partito, Gorbacëv assistette impotente alla dissoluzione dell’URSS e alla nascita della Comunità degli Stati indipendenti (CSI) nel dicembre 1991. Il 25 dicembre dello stesso anno fu costretto a dimettersi dalla carica di presidente. Tornato a essere un comune cittadino, Gorbacëv continuò a intervenire nel dibattito politico in Russia, collaborando al tempo stesso con la stampa internazionale e con numerose organizzazioni non-governative. Nel 1990 fu insignito del Premio Nobel per la pace.