Gentile, Giovanni

(Castelvetrano, Trapani, 1875, † Firenze 1944). Filosofo e uomo politico italiano. Opere principali: La riforma della dialettica hegeliana (1913), Teoria generale dello spirito come atto puro (1916), Sistema di logica come teoria del conoscere (1917-22). Collaborò per alcuni anni con Croce sulla “Critica” (1903), per l’affermazione dell’idealismo contro il positivismo. In seguito se ne allontanò, sia per motivi filosofici (che l’indussero a fondare nel 1920 il “Giornale critico della filosofia italiana”), sia per la sua adesione al fascismo, nel quale vide la realizzazione dello stato etico. Fu ministro della Pubblica istruzione nel primo governo Mussolini (1922-24), attuando la riforma della scuola che fece della religione cattolica il “fondamento e coronamento” dell’istruzione e introdusse ordinamenti i quali, nei lineamenti generali, per le scuole superiori rimasero in vigore fino alla seconda metà degli anni Novanta. Nel Manifesto degli intellettuali del fascismo (1925) celebrò il fascismo come compimento del Risorgimento e rigenerazione morale della nazione. Dal 1923 al 1929 fece parte del Gran Consiglio del Fascismo. Durante la seconda guerra mondiale aderì alla Repubblica Sociale Italiana. Nel 1944 fu ucciso a Firenze dai partigiani. Grande conoscitore dell’hegelismo, del marxismo e della filosofia italiana del XIX secolo, elaborò un personale sistema noto come “attualismo”. Riformò la dialettica hegeliana, correggendola con un richiamo a Fichte nell’affermazione che l’unica realtà è lo spirito pensante, di cui l’Idea e la natura non sono che i “pensati” (l’esistenza di oggetti indipendenti dal pensiero è solo una finzione). Sostenne che, riflettendo sulla libera soggettività dell’arte e sull’oggettivismo della religione, lo spirito giunge a piena coscienza di sé nella filosofia. Identificò la storia, in quanto divenire dello spirito (unica realtà capace di trasformazione), con la storia della filosofia, che non è teoria astratta, ma concreta presa di coscienza del pensiero in atto. Anche nell’educazione, intesa come dialogo spirituale tra docente e discente e non come trasmissione di aridi contenuti, vide l’identità con la filosofia. Teorizzò lo stato etico come incarnazione dell’ideale morale dell’universalità del volere e sostenne la superiorità della comunità statale rispetto all’individuo, in sé astratto.