Gengis Khan

(Ning-Hsia 1162, † Hsi-Hsia 1227). Soprannome (che significa sovrano potente, o universale) di Temucin. Capo di una tribù di mongoli, seppe approfittare con rigore e cinismo di circostanze che rendevano possibile l’unità sotto una guida unica delle molte tribù dei mongoli, arricchite nel periodo precedente dal flusso di ricchezza proveniente dalla Cina settentrionale dominata da diverse genti della steppa. Intuì lo straordinario ruolo strategico che poteva esercitare dall’Asia centro-settentrionale la macchina militare degli arcieri delle steppa, addestrati con i loro cavalli al combattimento mobile e rapido. La sua capacità strategica gli consentì di sconfiggere, infliggendo loro perdite mai più colmate, le grandi civiltà stanziali dell’Asia: la Cina settentrionale tra il 1211 e il 1215, l’Asia centrale iranizzata negli anni successivi, i margini settentrionali dell’Iran e del mondo arabo, la Russia e l’Europa orientale dal 1223. Dopo aver adottato sistemi razionali di comunicazione (di uomini, beni e notizie) nella vasta fascia delle steppe asiatiche che costituivano l’asse centrale del suo impero, e aver mutuato sistemi legislativi propri delle civiltà sconfitte, stava per attaccare la Cina quando morì, senza aver risolto il problema della successione, a causa del carattere tribale della cultura politica dei mongoli: i suoi eredi non seppero mantenere l’unità delle eterogenee unità sottomesse e la sua memoria divenne oggetto di culto e rimpianto di tutti i mongoli. Suo nipote Qubilay abbatté la dinastia cinese dei Song e insediò in Cina la dinastia mongola degli Yuan.