Francoforte, scuola di

Fu così chiamato il gruppo di intellettuali, di orientamento marxista, che si formò presso l’“Istituto per la ricerca sociale” di Francoforte, fondato nel 1924 da F. Weil e inizialmente diretto da K. Grünberg, con la collaborazione di sociologi, economisti, storici e filosofi, tra cui K.A. Wittfogel, H. Grossmann, F. Pollock. L’attività di ricerca del gruppo divenne particolarmente significativa quando, nel 1931, la direzione dell’Istituto passò a M. Horkheimer, che nel 1932 fondò anche la “Rivista per la ricerca sociale”, organo della scuola. Si aprì allora un ricco dibattito culturale, che coinvolse altri intellettuali, come lo psicanalista E. Fromm e il filosofo H. Marcuse. L’evento più rilevante fu la nascita del sodalizio tra Horkheimer e Adorno, dal quale scaturirono i risultati filosoficamente più significativi della scuola (Dialettica dell’illuminismo, 1947). L’avvento del nazismo (1933) costrinse i francofortesi a trasferirsi dapprima a Ginevra e a Parigi, poi a New York, dove furono pubblicati gli Studi sull’autorità e la famiglia (1936), prima grande opera collettiva del gruppo. Dopo la caduta del nazismo, alcuni (tra cui Horkheimer e Adorno) tornarono in Germania, dove si ricostituì l’Istituto (1950), mentre altri (tra cui Marcuse e Fromm) rimasero negli USA. A Francoforte la scuola si arricchì dell’apporto di una nuova generazione di intellettuali, tra cui J. Habermas, che ne continuarono la ricerca sociologica e filosofica. La scuola di Francoforte si caratterizzò per l’applicazione di categorie tratte dalla filosofia hegelo-marxista e dalla psicanalisi freudiana allo studio delle scienze sociali. Produsse una “teoria critica” estremamente attenta alle contraddizioni dialettiche e all’alienazione umana del sistema capitalistico. Perseguì un ideale di emancipazione, che si configurò più come aspirazione consapevolmente utopica a una trasformazione globale e radicale del sistema, che come progetto politico concreto. Il comunismo sovietico fu indicato come falso superamento del capitalismo, anzi come sistema non meno oppressivo e alienante di quello. Particolarmente profonde furono le indagini sulle tendenze totalitarie della moderna società di massa, di cui il nazismo fu solo l’espressione estrema; sull’industria culturale, con la sua capacità di soffocare la creatività spirituale e di manipolare le coscienze con prodotti di scadente qualità; e su La personalità autoritaria (1950), frutto nevrotico dell’interiorizzazione del Super-Io sociale e potenzialmente fascista e razzista.