Francesco Giuseppe

(Castello di Schönbrunn, Vienna, 1830, † ivi 1916). Imperatore d’Austria dal 1848 al 1916 e re d’Ungheria dal 1867 al 1916. Figlio dell’arciduca Francesco Carlo e nipote dell’imperatore Francesco II, dopo aver partecipato alla campagna d’Italia nella primavera del 1848, salì al trono nel dicembre di quell’anno, dopo l’abdicazione dello zio Ferdinando I in seguito alla rivoluzione scoppiata a Vienna nel marzo. Conservatore, ebbe una concezione monolitica dell’impero e del suo ruolo e si dimostrò poco incline a comprendere le nuove esigenze poste dalla questione delle nazionalità e dalla modernizzazione, sicché anche quando fu costretto ad affrontarne i nodi cruciali lo fece in modo tardivo e spesso contraddittorio. Dedicò i primi anni del suo regno a riaffermare l’egemonia asburgica dentro i confini dell’impero e in Europa. Nel 1849 riconfermò il dominio austriaco sulla Lombardia dopo la vittoria di Radetzky a Novara. Nello stesso anno, grazie all’aiuto dello zar Nicola I, costrinse gli ungheresi, che nell’aprile avevano dichiarato decaduta la dinastia austriaca, ad accettare la pace di Világos e ottenne, dopo un mese di assedio, la resa di Venezia. Dovette far fronte al problema dei rapporti di forza all’interno della Confederazione germanica fra l’impero e la Prussia che aspirava a una posizione egemonica. Nel 1850 il conflitto fu scongiurato grazie alla mediazione russa e al raggiungimento dell’accordo di Olmütz (28 novembre) fra i due stati. In politica interna decise, nel dicembre 1851 su consiglio del primo ministro F. von Schwarzenberg, la formale abolizione della costituzione concessa da Ferdinando I nell’aprile 1848. Sostenne quindi la politica di germanizzazione delle popolazioni non tedesche attuata dal ministro degli Interni A. von Bach e nel concordato con la chiesa del 1855 accettò l’attribuzione al clero del controllo sull’istruzione. Vanificò inoltre le timide aperture all’opposizione fatte in Lombardia da Massimiliano Ferdinando Giuseppe. Nel 1854 rifiutò di annettere all’impero la Bosnia-Erzegovina in cambio della Lombardia e del Veneto, contribuendo così a favorire l’avvicinamento franco-piemontese in funzione antiaustriaca, che culminò negli accordi di Plombières del 1858 e nell’intervento francese nella seconda guerra d’indipendenza del 1859. Dopo la perdita della Lombardia, il 20 ottobre 1860 promulgò una nuova costituzione, in cui veniva riconosciuta una certa autonomia alle varie regioni dell’impero con la formazione di diete nazionali. Nel 1861 introdusse con la “Patente” un sistema elettorale che privilegiava fortemente l’elemento tedesco a scapito delle altre nazionalità, provocando la reazione ungherese. Dal 1864 si aggravò la crisi con la Prussia di Bismarck, la quale nel 1866 inflisse una dura sconfitta agli eserciti austriaci. Francesco Giuseppe fu così costretto ad accettare la fine della Confederazione germanica sorta nel 1815. Nonostante le vittorie di Custoza (24 giugno) e Lissa (20 luglio), l’Austria dovette anche cedere all’Italia il Veneto. La questione delle nazionalità fu almeno temporaneamente risolta con la creazione, nel 1867, della “duplice monarchia” in cui Austria e Ungheria erano formalmente indipendenti rispetto al potere legislativo, ed erano unite solo nella persona dell’imperatore, investito del potere esecutivo. L’assunzione del doppio ruolo di imperatore d’Austria e di re d’Ungheria fu in realtà un ulteriore segno dello sgretolarsi dell’impero asburgico e un incentivo alla radicalizzazione della lotta da parte delle nazionalità, in particolare quelle di ceppo slavo, che non avevano conseguito alcun riconoscimento. Dopo la sconfitta francese nella guerra franco-prussiana (1870-71) e la proclamazione dell’impero tedesco (1871), Francesco Giuseppe, spinto dal ministro degli esteri G. Andrássy, accantonò definitivamente ogni progetto di egemonia sul mondo tedesco e operò per un riavvicinamento alla Germania considerando la possibilità di espansione nei Balcani, area in cui il congresso di Berlino (1878) riconobbe all’Austria l’amministrazione della Bosnia-Erzegovina. Nel 1879 strinse con l’impero tedesco un’alleanza difensiva in funzione antirussa. Nonostante nel giugno 1881 avesse concluso l’alleanza dei tre imperatori, che coinvolgeva anche lo zar Alessandro II, era chiaro che sulla questione balcanica gli interessi austriaci e russi non potevano conciliarsi. Al riavvicinamento all’impero tedesco seguì quello all’Italia, che nel 1882 entrò a far parte della Triplice Alleanza. Con la Serbia invece i rapporti si deteriorarono dopo il 1903, con l’ascesa al trono di Pietro I, propenso ad appoggiarsi alla Russia per contrastare l’egemonia austriaca e le mire espansionistiche bulgare. Sul piano interno, nella speranza di attenuare gli antagonismi nazionali e di poter meglio fronteggiare il nazionalismo ungherese, anche contro la maggioranza parlamentare, volle concedere nel 1907 il suffragio universale maschile, ma la misura non fu sufficiente a dare una base più popolare all’impero. In campo internazionale in seguito alla crisi in Bosnia-Erzegovina del 1908, l’Austria poté annettersi la regione, provocando però la reazione della Russia, che da allora sostenne senza riserve la causa slava. Precedentemente avverso alla fazione militarista, rappresentata da Francesco Ferdinando d’Asburgo e soprattutto dal generale F. Conrad von Hötzendorf, che sosteneva la causa della guerra contro la Serbia e contro l’Italia, dopo l’assassinio dell’arciduca Francesco Ferdinando, il 23 luglio 1914 si lasciò indurre da Conrad a lanciare l’ultimatum alla Serbia e, cinque giorni dopo, a dichiarare guerra allo stato balcanico scatenando, per il gioco delle alleanze, la prima guerra mondiale (1914-18). Sempre più isolato, forse consapevole dell’ineluttabilità del tramonto dell’impero, Francesco Giuseppe morì il 21 novembre 1916. Gli succedette sul trono Carlo I.