Ferrari, Giuseppe

(Milano 1811, † Roma 1876). Filosofo e scrittore politico italiano. Seguace di Saint-Simon e di Romagnosi, studioso di Vico, nella sua opera principale (Filosofia della rivoluzione, 1851) espose una concezione positivistico-naturalistica della storia, in contrasto con l’idealismo hegeliano e con ogni metafisica. Compito della rivoluzione, anticipata dai filosofi fin dall’antichità, ma avviata dalla Rivoluzione francese, è il trionfo della scienza e dell’uguaglianza. Quest’ultima presuppone la giusta distribuzione del reddito e, di conseguenza, la limitazione del diritto di proprietà. Emigrato in Francia nel 1838 e profondamente influenzato dalle idee democratiche, radicali e socialiste, nel dibattito sulla costruzione dello stato italiano e sulle prospettive del Risorgimento Ferrari polemizzò con il concetto mazziniano e giobertiano di una “missione italiana” e criticò il ruolo storico della chiesa (e con esso ogni prospettiva “neoguelfa”). Legato alla tradizione rivoluzionaria francese, riteneva che l’Italia avrebbe dovuto inserirsi in un movimento rivoluzionario di dimensioni europee, abbandonando qualsiasi riferimento a mistiche fedi nazionalistiche e soprattutto il ricorso al metodo mazziniano delle cospirazioni. Sostenne quindi l’ipotesi di un federalismo repubblicano e democratico, ponendo in stretta relazione questione nazionale e questione sociale. Fu deputato nel parlamento nazionale e, nel 1876, senatore del regno.