europeismo

Si definisce europeista ogni progetto concreto o ideale di unificazione politica ed economica dell’Europa. Il suo presupposto è la divisione del continente in stati indipendenti, avviata con la crisi degli universalismi medievali nel XIV secolo e accentuata dalla frattura religiosa prodotta dalla Riforma protestante. Tale divisione politica e religiosa suscitò a più riprese, e in contesti naturalmente assai diversi, la resistenza di parte del mondo intellettuale e politico, stimolando l’elaborazione di progetti di riunificazione del continente. Dopo il celebre tentativo di Erasmo da Rotterdam e della corrente erasmiana di arginare la spaccatura religiosa della cristianità e di far trionfare moderni ideali pacifisti, fu il Seicento il secolo delle prime grandi elaborazioni utopistiche di progetti federalistici. Dal duca di Sully, ministro del re di Francia Enrico IV, a William Penn, all’abate di Saint Pierre, il XVII e il XVIII secolo idearono princìpi e istituzioni internazionali di impossibile realizzazione nell’immediato, ma essenziali per le riflessioni europeistiche dei secoli successivi. L’Illuminismo diede un notevole contributo allo sviluppo di una coscienza cosmopolitica e federalista (si pensi alla Pace perpetua di Immanuel Kant, del 1795), ma furono i problemi posti dall’affermazione del principio dello stato nazionale, all’inizio del XIX secolo, a far nascere l’europeismo moderno. Il suo ideale fu la federalistica unità nella diversità, che concilia le esigenze di collaborazione con il rispetto delle specificità nazionali (federalismo). Uno dei primi progetti ottocenteschi di riorganizzazione della società europea fu quello di Claude-Henri de Saint-Simon e Augustin Thierry, che nel 1814 proposero la costituzione di un parlamento europeo e di un governo generale indipendente da quelli nazionali. L’ideale federalista fu coltivato da pensatori di vario orientamento politico – liberale, democratico, socialista – e soprattutto da quelli, come Proudhon, ostili al centralismo politico dei grandi stati nazionali. Tra i pensatori risorgimentali italiani, soprattutto Cattaneo vide nel federalismo lo strumento capace di conciliare il decentramento politico con l’aspirazione all’unione dei popoli europei. Anche tra i sostenitori dello stato nazionale unitario vi fu chi, come Mazzini, pensò all’Europa in termini di cooperazione tra stati, vedendo nelle nazioni un’articolazione dell’umanità in armonia, e non in conflitto, con gli altri stati nazionali. Nel 1849 si tenne a Parigi una conferenza, presieduta da Victor Hugo (1802-1885) e Richard Cobden, che auspicò la nascita degli Stati Uniti d’Europa. Nel dibattito sulla configurazione istituzionale della futura Europa unita si presentarono posizioni federaliste, miranti a conferire poteri forti alle istituzioni sovranazionali, o confederaliste, che concepivano l’unione come cooperazione tra gli stati nella conservazione di un’assoluta sovranità nazionale. Un’autorevole critica alle tesi confederaliste venne da Luigi Einaudi, che evidenziò la debolezza di organismi internazionali privi di reali poteri sulla vita dei singoli paesi, additando il fallimento della Società delle Nazioni. Le due guerre mondiali furono le conseguenze più tragiche del nazionalismo degli stati sovrani e stimolarono l’elaborazione di nuove alternative. Negli anni Venti del nostro secolo nacque, per iniziativa del conte Coudenhove-Kalergi, il movimento paneuropeo, e si ebbero autorevoli proposte federaliste, come il progetto del ministro francese Aristide Briand di istituire gli Stati Uniti d’Europa (1929). Gli anni Trenta dimostrarono tuttavia che i tempi non erano ancora maturi. La svolta si ebbe dopo la seconda guerra mondiale, quando l’Europa fu costretta a cercare forme di cooperazione per ricostruirsi dopo il disastro bellico e per non soccombere economicamente e politicamente di fronte alle superpotenze emergenti di altri continenti. Si avviò così il processo di integrazione europea che, gradualmente e faticosamente, nella seconda metà del secolo costruì il complesso di istituzioni che costituiscono la comunità europea. Il movimento federalista europeo, ispirato al Manifesto per un’Europa libera e unita, scritto a Ventotene nel 1941 da Altiero Spinelli e da Ernesto Rossi, e sviluppatosi nel periodo della resistenza antinazista in tutto il continente, esercitò e continua a esercitare costante pressione perché il processo integrativo non si limiti a parziali forme di collaborazione settoriale, ma possa un giorno giungere alla costituzione degli Stati Uniti d’Europa. L’esito dello scontro tra federalismo e confederalismo (si pensi alla proposta di De Gaulle negli anni Sessanta di un’“Europa delle patrie”) non è ancora scontato, così come dimostrano ampiamente le difficoltà e le contraddizioni clamorosamente emerse all’indomani dell’allargamento dell’Unione a oriente e della bocciatura nel 2005 della costituzione. Esiste poi l’opposizione tra europeismo conservatore ed europeismo progressista. Il primo vede nell’Europa unita soprattutto un grande mercato con moneta unica e legislazione omogenea, che consenta agli imprenditori la progettazione delle proprie attività su scala più ampia e con rischi minori, nel quadro di un assetto socioeconomico dominato dai grandi gruppi finanziari. Il secondo vuole invece l’“Europa dei popoli”, cioè un ampliamento degli spazi e delle risorse a disposizione della democrazia, per favorire un più rapido e sicuro progresso sociale. Più recentemente si è infine consolidato anche un europeismo regionalista, teso cioè a esaltare il ruolo delle “piccole patrie” come soluzione alternativa sia allo stato nazionale sia al superstato europeo.