eresia

Con il termine “eresia” (dal greco hairesis, scelta) si intende l’ostinata negazione delle verità di fede insegnate dalla chiesa. A uno sguardo storico conviene anche considerare come “eretiche” quelle dottrine e quei movimenti ritenuti tali di volta in volta dalle autorità ecclesiastiche. A differenza dello scismatico, l’eretico non mostra volontà di separarsi dall’autentica e vera chiesa, che ritiene anzi soggettivamente di rappresentare. Nella tradizione cristiana, lo stesso Paolo riconobbe la funzione (sia pure in negativo) degli eretici nella formazione e chiarificazione delle dottrine e dei dogmi. Il trapasso dal giudaismo al cristianesimo generò le prime eresie (ebioniti, cerintiani). A questi movimenti reazionari si oppose il marcionismo che negò ogni continuità tra Antico e Nuovo Testamento. Nei primi secoli dell’era volgare, altre eresie sorsero dal contatto, intellettualmente fecondo, con filosofie estranee all’originale pensiero cristiano (gnosi dal II secolo, manicheismo dal III secolo). Le controversie sull’Incarnazione, la Trinità e la Grazia informarono nei secoli seguenti la laboriosa edificazione dei dogmi (arianesimo, sabellianesimo, donatismo, circoncellioni, pelagianesimo); il priscillianesimo fu condannato in Spagna; in Frigia il montanismo inaugurò la serie delle eresie millenariste. Dal V secolo tennero il campo le grandi eresie cristologiche (monofisismo, nestorianesimo, monotelismo), che sistematizzarono a senso unico, e da opposti versanti, il rapporto Dio-Mondo in Cristo. Dall’XI secolo l’Occidente cristiano fu scosso da una violenta e multiforme contestazione: l’opposizione imperiale al papato, l’aspirazione alla perduta purezza evangelica, l’ideale pauperistico e millenaristico furono fomentati dalla secolarizzazione e dalla corruzione del clero (valdismo, dolciniani, arnaldismo, umiliati, beghinismo, gioachimismo). L’eresia dualista dei catari (albigesi, pataria), forse di ascendenza orientale o balcanica (pauliciani, bogomilismo), fu domata nel XII secolo da una feroce persecuzione; le altre tendenze ereticali furono arginate in larga misura a opera degli ordini mendicanti, che ne recepirono, non senza contraddizioni, talune istanze. Preceduta tra XIII e XV secolo da eresie legate anche a rivendicazioni di carattere sociale e nazionale (lollardi, hussiti, fratelli boemi), nel XVI secolo la Riforma protestante aprì la strada a un nuovo e ben più radicale spirito critico. Da esso presero le mosse opzioni in senso rivoluzionario, mistico, antitrinitario, razionalista e pelagiano (anabattismo, antitrinitarismo, arminianesimo). Nel XVII secolo furono condannati il giansenismo e il quietismo. Dal XVIII secolo, con qualche importante eccezione (febronianesimo, modernismo) e in un mondo sempre più secolarizzato, la chiesa non ha più mostrato l’ambizione o la necessità di condannare vere e proprie eresie.