ellenismo

Termine introdotto nel diciannovesimo secolo dallo storico Johann Gustav Droysen per indicare il periodo della diffusione internazionale della lingua e cultura greca in seguito alle conquiste di Alessandro Magno. L’età ellenistica è compresa tra la morte di Alessandro Magno (323 a.C.) e la battaglia di Azio (31 a.C.), che segnò il passaggio dell’egemonia al mondo romano. L’impero costruito da Alessandro con le conquiste si sfaldò subito dopo la sua morte nei regni dei diadochi, dalle cui lotte emersero quattro stati principali: la Macedonia della dinastia degli Antigonidi, l’Egitto dei Tolomei, la Siria dei Seleucidi e il regno di Pergamo degli Attalidi. Tali regni conservarono la propria indipendenza fino alla conquista romana: la Macedonia cadde nel 168 a.C. (battaglia di Pidna), Pergamo nel 133 a.C., la Siria nel 64 a.C., l’Egitto nel 31 a.C. (battaglia di Azio). La civiltà ellenistica si fondò su una lingua comune, il koiné dialektos, e sulla fusione di elementi culturali greci e orientali. Fu una civiltà prevalentemente urbana e commerciale, con grandi squilibri e tensioni sociali, egemonizzata da una ristretta élite di grandi proprietari. Le principali città (Alessandria, Pergamo, Antiochia, Pella, Atene, Rodi) furono centri di vita politica, commerciale e culturale e attrassero gli intellettuali dell’epoca offrendo loro preziosi strumenti di ricerca (biblioteche, musei, laboratori), grazie al mecenatismo dei sovrani. Il centro più prestigioso fu Alessandria, che raggiunse 400.000 abitanti ed ebbe una biblioteca con circa 500.000 volumi. Ad Alessandria vissero e operarono grandissimi poeti e filologi (Callimaco, Teocrito, Apollonio Rodio), matematici (Euclide), naturalisti (Stratone di Lampsaco), medici, al punto da indurre alcuni storici a classificare la cultura del periodo col termine “alessandrinismo”, oggi sostituito da quello meno riduttivo di “ellenismo”. Atene conservò soltanto il primato filosofico, con la nascita delle principali scuole filosofiche del periodo, l’epicureismo e lo stoicismo. La cultura ellenistica, e particolarmente la filosofia, rifletté il profondo mutamento storico e il nuovo ruolo dell’intellettuale. Il crollo delle poleis, centri di intensa partecipazione democratica, e l’affermazione dei grandi stati burocratici provocarono l’allontanamento degli intellettuali dall’impegno e dalla riflessione politica e posero al centro dei loro interessi problemi di natura individuale, come la ricerca della felicità, che divenne l’argomento più dibattuto dai filosofi. In compenso, la diffusione internazionale della cultura greca e la diversa dimensione territoriale dei nuovi stati eliminarono i caratteri nazionalistici o addirittura municipalistici della cultura ellenica e consentirono l’affermazione del cosmopolitismo e del senso della fratellanza universale tra gli uomini. L’individualismo e la diminuzione del senso di appartenenza sociale provocarono anche l’aumento dei bisogni religiosi, che cercarono risposta soprattutto nei culti misterici e magici di origine orientale. Si frantumò il senso dell’unità dell’essere e della cultura, per cui da grandi sistemi filosofici onnicomprensivi si passò allo sviluppo specialistico e autonomo di ogni singola scienza. Il progresso scientifico beneficiò notevolmente dello specialismo e della moltiplicazione degli strumenti e delle attrezzature (musei, orti botanici, laboratori, osservatori), che consentirono la fioritura di scoperte, classificazioni e sistemazioni in ogni campo dello scibile, dalla filologia (Apollonio Rodio) all’astronomia (Aristarco di Samotracia), dalla matematica (Euclide, Archimede) alla geografia (Eratostene) e alla storiografia (Polibio). Il carattere meno eroico e più prosaicamente borghese della vita trovò riflesso in una letteratura più realistica, che abbandonò la tragedia per studiare, attraverso la commedia (Menandro) e gli epilli, i tipi, le situazioni e i sentimenti della vita quotidiana. Il poeta divenne sempre più erudito e cultore della raffinatezza formale e si servì, a tal fine, dell’analisi filologica dei classici del passato. Il sentimento amoroso acquisì importanza, grazie al miglioramento della condizione della donna, che divenne più libera e oggetto di maggiore considerazione. Negli idilli (Teocrito) prese forma un amore nostalgico per la natura, idealizzata in improbabili quadretti di serena vita pastorale, tipico di una civiltà urbanizzata, che cerca la quiete agreste per reazione al caos della vita cittadina. L’arte, dovendo rispondere a una domanda sempre maggiore, si organizzò su scala industriale, con l’opera congiunta di numerosi artisti nelle botteghe e nelle scuole (di Pergamo, Alessandria, Rodi). Non per questo mancarono i capolavori, come la Venere di Milo, la Nike di Samotracia o il gruppo del Laocoonte. Le arti figurative assorbirono il gusto per il particolare, anche non bello (è celebre la statua che ritrasse una vecchia ubriaca), e l’interesse realistico per l’individuo, che diede vita a una fiorente ritrattistica. Particolare sviluppo ebbero l’urbanistica e l’architettura, che accompagnarono il processo di ingrandimento delle città col tentativo di conferire loro eleganza e funzionalità.