Elisabetta I

(Greenwich 1533, † Richmond, Surrey, 1603). Regina d’Inghilterra dal 1558 al 1603. Figlia di Enrico VIII e di Anna Bolena, dichiarata dapprima illegittima (dopo l’esecuzione della madre nel 1536), fu poi educata insieme al futuro Edoardo VI. Con un atto del parlamento del 1544 fu quindi proclamata terza nell’ordine di successione al trono dopo Edoardo e Maria I. Sotto il regno di quest’ultima subì pesanti persecuzioni (nel 1554 fu anche rinchiusa nella Torre di Londra). Fu soprannominata the “Virgin Queen” per la scelta di non sposarsi, o, anche, the “Good Queen”. Il lungo regno di Elisabetta – usualmente designato “età elisabettiana” – coincise con una straordinaria crescita della potenza politica, marittima e commerciale dell’Inghilterra, che conobbe anche un notevole sviluppo delle arti. Di carattere fiero, autoritario e calcolatore, dissimulato sotto un’apparenza affabile e tollerante, fornita di un’istruzione umanistica di tutto rispetto, Elisabetta si dedicò in modo totale al governo del suo regno, potendo contare su collaboratori come il fidato William Cecil, più tardi creato lord Burghley. Dopo i roghi e le persecuzioni di Maria la Cattolica, dovette innanzitutto confrontarsi col problema dell’assetto religioso del paese. Personalmente ostile tanto al cattolicesimo papista quanto al calvinismo, improntò la sua azione a una pragmatica tolleranza (almeno fino al 1570, quando la situazione mutò per la scomunica comminatale da papa Pio V e per la repressione sanguinosa dell’insurrezione dell’aristocrazia cattolica delle regioni settentrionali). Nel 1559 fece approvare l’Atto di Uniformità e il Giuramento di Supremazia con cui, pur senza proclamarsi capo della chiesa anglicana, la sottoponeva di fatto alla sua autorità di “amministratrice”. Fece inoltre promulgare un nuovo Prayer Book e, nel 1563, la “Dichiarazione dei 39 articoli”, i quali, pur riprendendo nelle linee fondamentali gli analoghi documenti dell’età di Edoardo VI, ne attenuavano gli elementi calvinisti più estremi. Importante fu la sua decisione di imporre l’inglese come lingua del culto. In campo economico e sociale stimolò tutte le attività capaci di produrre ricchezza e benessere, rafforzando le classi sociali imprenditrici (la borghesia finanziaria e manifatturiera nelle città e la gentry nelle campagne) e produttrici (agricoltura, miniere, allevamento, manifatture tessili, ecc.). Al tempo stesso potenziò le attività commerciali e marinare, assecondando la comparsa di nuove figure – i Merchant Adventurers, i corsari alla Drake o i negrieri come John Hawkins – e favorendo la fondazione delle compagnie commerciali, destinate a giocare in seguito un ruolo rilevantissimo nella creazione dell’impero britannico (1581, Compagnia del Levante; 1600, Compagnia delle Indie Orientali). Con la fondazione della Virginia (il nome fu scelto appunto in onore della Virgin Queen) da parte di Walter Raleigh (1584) ebbe inizio la colonizzazione inglese. Sotto il profilo politico, Elisabetta dovette confrontarsi con le aspirazioni egemoniche della Spagna di Filippo II, che condizionarono non soltanto la sua azione sullo scenario europeo, ma anche il suo stesso atteggiamento nei confronti della rivale Maria Stuart, che le contestava il diritto al trono in virtù della sua originaria illegittimità (una tesi appoggiata dai cattolici e da Filippo II) contrapponendole la propria discendenza da un ramo cadetto dei Tudor. Nonostante le trame della regina scozzese – che si era rifugiata presso la sua corte nel 1568 – Elisabetta la risparmiò finché non fu del tutto evidente il suo legame con il partito cattolico, col papa e con Filippo II. Fu allora che Maria Stuart venne condannata a morte (1587) e che ebbero inizio i tentativi d’invasione spagnoli dell’Invencible Armada, sventati dalla flotta inglese al comando di Hawkins e Drake (1588-89). Se la vittoria su Filippo II consacrò l’Inghilterra tra le più grandi potenze marinare, l’abile politica di aiuti ai protestanti nelle guerre di religione in Francia e in Germania, ne fecero il paese di riferimento per i protestanti europei. Sullo scorcio del secolo, in una situazione di relativa tranquillità cui corrispondeva un grande sviluppo in campo economico, letterario e artistico, Elisabetta autorizzò l’emanazione di una specifica legislazione contro la povertà (Poor Laws del 1597 e del 1601). Poco prima di morire accettò come suo legittimo erede il figlio di Maria Stuart, Giacomo VI di Scozia, il futuro Giacomo I d’Inghilterra.