Ecuador

Stato attuale dell’America meridionale.

  1. L’età precolombiana
  2. La dominazione spagnola
  3. La repubblica ecuadoriana
1. L’età precolombiana

Abitato anticamente da popolazioni indigene differenti per lingua, costumi e credenze, alcune delle quali si estesero fino a formare regni di dimensione regionale, l’Ecuador fu conquistato dagli incas nella seconda metà del secolo XV e inglobato nel loro impero. Gli incas imposero l’uso della lingua quechua che soppiantò i dialetti locali e divenne col tempo quella universalmente parlata negli altopiani. Alla morte dell’inca Huayna Capac (1525), l’impero fu diviso tra i figli Huáscar, che ereditò la parte meridionale (Bolivia e Perú) con capitale Cuzco, e Atahualpa, cui andò quella settentrionale (Ecuador e parte della Colombia) con capitale Quito. Esso venne riunificato da Atahualpa nel 1532, al termine di una sanguinosa guerra civile.

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2. La dominazione spagnola

Gli spagnoli sbarcarono per la prima volta sulle coste ecuadoriane nel 1526. La conquista fu opera di un luogotenente di Pizarro, Sebastián de Belalcázar, il quale raggiunse Quito nel 1534 e sulle rovine della città distrutta dagli indiani in ritirata fondò San Francisco, che divenne nel 1563 sede dell’audiencia di Quito, posta alle dipendenze del viceregno del Perú. Nel 1717 la stessa audiencia fu annessa al viceregno di Nuova Granada, sotto la cui giurisdizione rimase fino all’indipendenza, salvo un breve periodo di riunificazione con il Perú (1723-40). La storia dell’Ecuador nell’età coloniale fu relativamente pacifica. Gli spagnoli, dopo aver razziato oro e gioielli, si divisero col sistema dell’encomienda la terra e gli indios, dando vita a un’economia agricola basata sul grande latifondo. Quito conobbe un notevole sviluppo grazie alla sua collocazione lungo la via di comunicazione interna tra i possedimenti caraibici e Lima. I primi evidenti segni di ribellione nei confronti della dominazione spagnola da parte dell’élite creola si ebbero verso la fine del XVIII secolo. Nel 1809 scoppiò un moto indipendentistico che si concluse soltanto nel 1822, quando il generale José Antonio Sucre, inviato da Simón Bolívar in aiuto dei patrioti in lotta, sconfisse definitivamente gli spagnoli nella battaglia di Pichincha.

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3. La repubblica ecuadoriana

Entrato con la Colombia e il Venezuela nella Confederazione della Grande Colombia, l’Ecuador divenne uno stato indipendente nel 1830, dopo la scioglimento di quest’ultima. Ebbe allora inizio una lunga fase di lotte intestine tra i conservatori, schierati a fianco delle gerarchie ecclesiastiche ed espressione dell’aristocrazia terriera dell’interno (serranos), e i liberali, laici, che rappresentavano gli interessi della borghesia costiera (costeños). Numerosi presidenti, esponenti ora dell’uno ora dell’altro partito, si alternarono al governo del paese, tra colpi di stato e guerre civili, dando vita a regimi fortemente autoritari quando non decisamente dittatoriali. Tra il 1861 e il 1875 vi fu il tentativo da parte di Gabriel García Moreno, un conservatore, di creare uno stato confessionale posto sotto l’autorità spirituale della chiesa cattolica, alla quale vennero concessi privilegi senza precedenti. Seguì, dopo un ventennio di gravi disordini interni, un periodo di predominio liberale (1895-1925), inaugurato da Eloy Alfaro, durante il quale venne riaffermato il principio della separazione tra stato e chiesa. Agli inizi del Novecento il paese conobbe una fase di espansione basata essenzialmente sulle esportazioni di cacao e caffè, ma la fragile economia non resse agli effetti della grande crisi del 1929. Un primo tentativo del presidente José Maria Velasco Ibarra di modificare l’assetto economico-sociale, ancora fortemente improntato a rapporti di tipo feudale, nell’ambito di una concezione populistica e nazionalistica, fallì per l’opposizione dei conservatori e dei militari. Nel 1941 scoppiò una guerra per questioni di confine con il Perú, che si concluse con la sconfitta dell’Ecuador e la perdita di una parte consistente del territorio nazionale (Conferenza di Río de Janeiro, 1942). Consapevole delle gravi difficoltà del paese, l’allora presidente Carlos Arroyo del Río stabilì stretti rapporti con gli Stati Uniti i quali, in cambio di un cospicuo aiuto economico, ottennero la cessione di basi militari. Ibarra tornò al potere nel 1944, nel 1952, nel 1960 e nel 1968 senza riuscire quasi mai a portare a termine il mandato. Crebbe intanto nel paese la contrapposizione tra filoamericani e antiamericani, che aveva come discriminante l’atteggiamento nei confronti di Cuba e, più in generale, dei movimenti rivoluzionari dell’America Latina. Agli inizi degli anni Settanta si affermò nell’esercito una corrente progressista, che nel 1972 assunse il potere con una giunta formata dai comandanti in capo delle tre armi e presieduta dal generale Guillermo Rodríguez Lara. La nuova giunta prese importanti misure per rilanciare lo sviluppo e l’occupazione, e per migliorare le condizioni di vita delle masse popolari. Approfittando della crisi petrolifera del 1973, fece costruire un oleodotto per lo sfruttamento dei giacimenti amazzonici ed entrò nell’OPEC, ottenendo contratti favorevoli dalle compagnie straniere operanti nel paese. All’esperimento riformatore pose fine ancora una volta un colpo di stato. Nel 1976 si insediò una nuova giunta militare, che ebbe il sostegno economico degli Stati Uniti. Questi, interessati a una normalizzazione della situazione politica in America Latina, esercitarono pressioni affinché venisse ristabilito un clima di legalità. Fu quindi varata una nuova costituzione, approvata con un referendum, si ricostituirono i partiti politici e si tennero le elezioni che nel 1979, al secondo turno, diedero la vittoria al candidato di una coalizione moderata, Jaime Roldós Aguilera. Questi morì in un incidente aereo nel 1981. Gli succedette il vicepresidente Oswaldo Hurtado, che dovette fronteggiare una difficile congiuntura economica causata dal cattivo andamento dei raccolti e dal calo dei prezzi dei prodotti petroliferi. Misure di austerità imposte dal Fondo Monetario Internazionale come contropartita per la concessione di prestiti scatenarono un’ondata di protesta tra le masse popolari, già duramente colpite dalla crisi. Alle elezioni del 1984, il conservatore Léon Febres Cordero sconfisse al secondo turno il socialdemocratico Rodrigo Borja che aveva ottenuto la maggioranza relativa al primo turno. Febres Cordero, decisamente filostatunitense, adottò una politica economica liberistica che andò incontro a un clamoroso insuccesso. Nel 1986 un tentativo di colpo di stato organizzato dal generale Frank Vargas Pazos, esponente dell’ala nazionalistica dell’esercito, si concluse con il suo arresto da parte dei militari fedeli al presidente. L’anno successivo i seguaci di Vargas rapirono il presidente, chiedendo e ottenendo, in cambio della sua liberazione, il rilascio di Vargas e l’immunità per i sequestratori. L’episodio compromise la credibilità di Febres e aggravò i rapporti con il Congresso, dove i partiti di opposizione chiesero le sue dimissioni. Il 5 marzo un tremendo terremoto sconvolse la provincia amazzonica di Napo, mettendo in ginocchio la già precaria economia ecuadoriana. I contrasti interni furono quindi messi a tacere per affrontare l’opera di ricostruzione. Le nuove elezioni presidenziali si tennero nel 1988. Il candidato della Sinistra democratica, Rodrigo Borja Cevallos, ottenne la maggioranza relativa al primo turno e vinse il ballottaggio contro l’esponente del populista Partito roldosista ecuadoriano, Abdalá Bucaram. Borja, forte dell’appoggio del Congresso, adottò misure di liberalizzazione dell’economia e varò un programma di austerità che ebbe risultati positivi e gli consentì di ottenere nuovi prestiti a termine dal FMI. Nel 1991 la scoperta di nuovi giacimenti petroliferi da parte della multinazionale Conaco nel Parco Nazionale di Yasuni, restato fino ad allora incontaminato, scatenò un acceso dibattito circa l’opportunità di autorizzarne lo sfruttamento. Le elezioni del 1992 furono vinte dal conservatore Sixto Durán Ballén, un neoliberista avverso al sostegno statale alle imprese, che favorì l’investimento estero e l’ingresso dell’Ecuador nell’Organizzazione mondiale per il commercio (WTO). In seguito alla rimozione da parte del Congresso di Abdalá Bucaram Ortíz, eletto presidente nel 1996, nelle successive elezioni del 1998 risultò vincitore Jamil Mahuad Witt, la cui politica di austerità suscitò ampie opposizioni. In quello stesso anno, l’Ecuador e il Perú raggiunsero un accordo che poneva fine a dispute sui confini durate mezzo secolo. L’acuirsi della crisi economica e l’imposizione di una parità forzosa con il dollaro USA determinarono imponenti manifestazioni di massa delle popolazioni amerindie e l’intervento dell’esercito, che depose il presidente Mahuad sostituendolo con il vicepresidente Gustavo Noboa (2000). Il nuovo governo decise l’abbandono definitivo della moneta nazionale, il sucre, a favore del dollaro in un quadro di crisi e di instabilità. I primi anni Duemila continuarono a essere segnati a fondo dall’incertezza politica, dalla conflittualità sociale e dalla crisi economica. Nel 2002 le elezioni presidenziali furono vinte dal colonnello Lucio Gutiérrez Borbua, autore del colpo di stato con cui nel 2000 fu deposto il presidente Mauad. Nonostante i suoi tentativi di rilancio dell’economica, fu rimosso nel 2005 e sostituito dal suo vice, Alfredo Palacio. L’anno seguente fu eletto Rafael Correa, un esponente della sinistra vicino a Hugo Chávez, che rafforzò il controllo statale sull’economia. Nel 2008 ruppe le relazioni diplomatiche con la Colombia e fece approvare una nuova costituzione con cui furono rafforzati i poteri presidenziali. Nel 2009 Correa fu rieletto per un secondo mandato e, nel settembre dell’anno seguente, dovette far fronte a un tentato colpo di stato militare, all’indomani del quale, una volta ristabilito l’ordine, riuscì a mantenere il potere.

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