ecclesia

Termine con il quale, nell’antica Grecia, si designava l’assemblea dei cittadini che generalmente si teneva nel foro o agorà. Presente fin dalle origini, ebbe un ruolo fondamentale nelle poleis che conobbero un’evoluzione democratica. In epoca monarchica e nelle poleis aristocratico-oligarchiche sul modello spartano (apella) ebbe generalmente una base ristretta e poteri ridotti. Veniva convocata raramente a discrezione del consiglio (gherusia) e le sue competenze si limitavano all’approvazione o meno delle proposte avanzate dai re, dagli efori o dalla gherusia su problemi di interesse comune legati alla politica estera (pace, guerra e alleanze), e all’elezione dei magistrati fra la ristretta cerchia dei personaggi nobili che avevano le caratteristiche per candidarsi. Nell’Atene democratica (successiva alle riforme di Clistene) all’ecclesia potevano partecipare tutti i cittadini maschi al di sopra dei vent’anni e le sue prerogative erano molto estese. Questa assemblea, che veniva convocata dalla bulé ed era presieduta dai pritani, deteneva infatti il potere legislativo e quello giudiziario; decideva le scelte da attuarsi in politica estera; poteva eleggere, sospendere e controllare alcuni magistrati. Le votazioni al suo interno erano di solito palesi (per alzata di mano) e le decisioni erano prese a maggioranza semplice, tranne in alcuni casi particolari in cui erano richieste votazioni segrete e il raggiungimento di un quorum di 6000 voti (per l’ostracismo e la concessione della cittadinanza). Dopo la guerra del Peloponneso, al fine di garantire a tutti la reale possibilità di partecipazione alla vita democratica, fu introdotto il principio della retribuzione per coloro che si recavano alle riunioni.