Dubcek, Alexander

(Uhrovec, Slovacchia, 1921, † Praga 1992). Uomo politico slovacco. Dopo aver vissuto in Unione Sovietica dal 1927, nel 1938 tornò in patria, aderì al Partito comunista e fu membro della resistenza contro il governo slovacco filotedesco guidato da J. Tiso. Nel 1963 divenne segretario del Partito comunista slovacco, rivendicando per la sua regione un più ampio margine di autonomia dal potere centrale rispetto alle direttive di A. Novotny, segretario del Partito comunista cecoslovacco (PCC). Succeduto a Novotny nel gennaio 1968 cercò subito di realizzare una serie di riforme che permettessero la costruzione di un “socialismo dal volto umano” (separazione dei poteri del partito da quelli del governo, maggiore autonomia per i sindacati, per gli intellettuali e per le diverse nazionalità presenti nello stato, abolizione della censura). In campo internazionale, pur senza mettere in discussione l’alleanza con l’URSS e con gli altri paesi socialisti, rivendicò per la Cecoslovacchia una maggiore libertà d’iniziativa. Dopo l’invasione da parte delle truppe del Patto di Varsavia nell’agosto 1968 e la fine della “primavera di Praga”, di cui fu un indiscusso protagonista, fu arrestato e condotto in URSS, quindi destituito dalla carica di segretario del PCC nell’aprile 1969. Espulso dal partito nel 1970 ed emarginato durante il ventennio di “normalizzazione” dominato da G. Husák, fu riabilitato nel 1989. Tra le personalità più eminenti della “rivoluzione di velluto” cecoslovacca, fu eletto presidente del parlamento nel dicembre 1989, ma morì in seguito a un incidente automobilistico.