Dreyfus, Alfred

(Mulhouse 1859, † Parigi 1935). Ufficiale francese. Di famiglia ebraica, intraprese la carriera militare divenendo ufficiale dello Stato maggiore. Nell’ottobre 1894 fu accusato di spionaggio a favore della Germania e nel dicembre dello stesso anno fu condannato alla degradazione e alla deportazione a vita nell’isola del Diavolo, in Guyana. Nel maggio 1896 emerse che il documento che aveva costituito il capo d’accusa fondamentale per la sua incriminazione – una lettera anonima rinvenuta nell’ambasciata tedesca a Parigi – fu forse scritta dal maggiore di fanteria Walsin-Esterhazy: questi, denunciato dal fratello di Dreyfus, fu però assolto nel gennaio del 1898. L’affaire Dreyfus divise l’opinione pubblica e fece emergere violenti contrasti fra le forze politiche e sociali della Terza Repubblica: intellettuali, socialisti, radicali e antimilitaristi consideravano infatti la sommaria condanna del capitano di origine ebraica come l’esempio più evidente del nazionalismo, del razzismo e dell’arbitrio giudiziario, mentre la destra nazionalista, antisemita e clericale la riteneva un’affermazione dei valori nazionali e conservatori. Nel gennaio 1898 E. Zola scrisse sul giornale di Clemenceau “L’Aurora” una lettera aperta al presidente della repubblica dal titolo J’accuse, nella quale prendeva posizione a favore dell’innocenza di Dreyfus: per questo fu condannato a un anno di prigione e a un’ammenda pecuniaria. Nel 1899 l’emergere di nuove prove portò alla revisione del processo: Dreyfus fu condannato a 10 anni di carcere, ma subito graziato dal presidente Loubet. Nel 1902 fu aperta una nuova inchiesta, ma solo nel 1906 Dreyfus venne riabilitato.