diritto naturale

Il concetto del diritto naturale si è sviluppato – dall’antichità all’età moderna – all’interno degli orientamenti filosofici, morali, giuridici e politici variamente riconducibili alla tradizione del giusnaturalismo. Esso si oppone alla nozione del diritto positivo propria della dottrina antitetica al giusnaturalismo, e cioè del positivismo giuridico. Nel corso della storia il diritto (o legge) naturale è stato concepito come una norma, o un sistema di norme intersoggettive (antecedenti e prioritarie rispetto al diritto positivo, che a queste deve conformarsi), derivanti di volta in volta: a) dalla rivelazione o dal riflesso della legge divina; b) dall’agire ineluttabile delle leggi naturali sulla natura umana; c) dalla razionalità naturale tipica dell’essere umano. In ogni caso, la razionalità – intesa come adeguamento alla ragione profonda divina o naturale oppure come espressione della natura interiore dell’uomo – pare essere il fondamento del diritto naturale. Mentre le prime due idee furono presenti soprattutto nella concezione del diritto naturale antico e medievale, la terza è tipicamente moderna. Qui il diritto naturale è ritenuto conforme al dettato della ragione, non solo e non tanto perché questa notifica la razionalità divina riflessa nella natura (ciò che non viene generalmente negato), ma soprattutto perché essa opera in modo simile presso tutti gli uomini e tutti i popoli. Si perviene dunque nel XVII secolo – in particolare con l’opera di Ugo Grozio (De iure belli ac pacis, 1625) – a un concetto di diritto razional-naturale autonomo dalle radici teologiche e laico. “Madre del diritto naturale – afferma Grozio – è la stessa natura umana, la quale, anche se non avessimo bisogno di nulla, ci porterebbe a desiderare i mutui rapporti di società”. Ciò varrebbe anche a prescindere dall’esistenza della divinità. Su questa base si aprì una stagione di secolare rigoglio per le teorie del diritto naturale, conclusasi nell’Ottocento con la progressiva affermazione del positivismo giuridico.