Diocleziano, Gaio Aurelio Valerio

(Salona 243 circa, † ivi 316). Imperatore romano dal 285 al 305. Di umili origini – il suo vero nome, Diocle, era comune tra schiavi e liberti – intraprese ben presto la carriera militare raggiungendo, sotto Numeriano, la carica di capo della guardia imperiale. Acclamato imperatore dall’esercito presso Nicomedia alla morte di Numeriano nominò come Cesare (285) e subito dopo (286) come Augusto Massimiano, un suo fedele commilitone che riuscì a reprimere in breve la ribellione dei Bacaudi. Affrontò gli alamanni (288-89), i saraceni (290), i sarmati (289-92) e una violenta ribellione in Egitto (292-93); nel 286 non riuscì a sconfiggere l’usurpatore Carausio, prefetto della flotta romana sulla Manica. Nel 293 instaurò la tetrarchia (governo a quattro): Augusto egli stesso in Oriente e Massimiano in Occidente, furono nominati Cesari, rispettivamente, Galerio e Costanzo I Cloro, secondo un sistema di successione che prevedeva l’adozione del migliore. Costanzo sconfisse Carausio e Allecto recuperando la Britannia, e gli alamanni a Langres (298); Massimiano represse focolai di rivolta in Africa (297); Diocleziano domò un moto separatista in Egitto; Galerio vinse più volte i persiani a cui vennero strappate sette satrapie a nord del Tigri (297-98). Conferito, con un cerimoniale tipicamente orientale, rinnovato prestigio alla figura del princeps, Diocleziano fu un accorto organizzatore: diede inizio a un’importante riforma che separava i poteri civili da quelli militari, i senatori furono pressoché esclusi dal comando, le province raggruppate in dodici diocesi rette ciascuna da un vicarius. Alle frontiere furono costruite grandiose fortificazioni e il numero dei soldati venne notevolmente accresciuto. Introdusse un nuovo sistema fiscale fondato sullo iugum (unità agraria) e sul caput (unità umana). Nel 301, per far fronte alla galoppante inflazione che neppure il tentativo di risanamento della moneta era riuscito a contenere, pubblicò l’Edictum de pretiis che calmierava prezzi e salari: le merci sparirono dal mercato. Superstizioso e conservatore, desideroso dell’attribuzione di un valore divino all’autorità imperiale, perseguitò dapprima i manichei e poi, ancora più pesantemente, i cristiani. In una serie di editti, tra il 303 e il 305, impose la chiusura degli edifici di culto cristiani, il sequestro dei libri santi, l’obbligo di sacrificare: numerosissimi furono i martiri. Dopo aver visto per la prima volta Roma nel 303, nel 305 abdicò ritirandosi a vita privata e costringendo Massimiano a fare altrettanto. Rimasero, come Augusti, Costanzo e Galerio cui furono affiancati come Cesari, rispettivamente, Severo e Massimino Daia.