D’Annunzio, Gabriele

(Pescara 1863, † Gardone Riviera 1938). Letterato italiano. Fu tra i principali poeti e prosatori del decadentismo, celebre per lo sfrenato sensualismo e la vita eccezionale, condotta all’insegna dell’ideale della “vita come opera d’arte”. Amante della libertà assoluta, passò dall’estrema destra alla sinistra del parlamento italiano in occasione del dibattito sul disegno di legge liberticida di Pelloux (1899). Fu indotto dalla sua poetica superomistica a criticare l’“Italietta” mediocre del liberalismo pacifista, a esaltare valori nazionalistici e imperialistici e a celebrare il valore morale della violenza e della guerra. Inneggiò alla guerra di Libia (1911) con le Canzoni delle gesta di oltremare (1912). Allo scoppio della prima guerra mondiale fu interventista e contribuì con infuocati comizi, nelle “radiose giornate di maggio” (1915), a creare il clima propizio alla dichiarazione di guerra. Spinto dalla ricerca del gesto eclatante, da qualcuno definita “dilettantismo eroico”, a partecipare come volontario alla guerra, si cimentò in operazioni coraggiose, ma di scarsa utilità, come il volo aereo su Vienna e la missione sottomarina della “beffa di Buccari”. Il 12 settembre 1919, sdegnato per la “vittoria mutilata”, con alcuni reparti militari ribelli occupò Fiume e proclamò la “Reggenza Italiana del Carnaro”. Dopo il Trattato di Rapallo tra Giolitti e il governo iugoslavo (12 novembre 1920) fu costretto dall’esercito italiano a sgomberare la città, nel “Natale di sangue” (1920). Trascorse gli ultimi anni nella villa del Vittoriale, a Gardone, fuori da ogni impegno politico e in un ambiguo rapporto di stima-rivalità con Mussolini.