curtense, economia

È “curtense” un sistema di produzione agraria fondato sulla contemporanea presenza di gestione diretta e indiretta delle terre e sul funzionamento complementare delle due parti aziendali. In varie regioni d’Europa del primo medioevo si trovano tracce documentarie di aziende agricole con una parte a conduzione diretta (gestita direttamente dal possessore e coltivata in prevalenza da servi) e una parte a conduzione indiretta (con parcelle assegnate a coloni che pagavano il diritto d’uso). Definite villae o curtes, se ne ha notizia già nell’Italia dei longobardi, anche se certamente questa forma aziendale ebbe sviluppo, in Italia e altrove, con l’arrivo dei franchi. La curtis non era pressoché mai un’unità fondiaria compatta. Era invece un complesso articolato, non omogeneo, distribuito su vari villaggi in cui le terre di una curtis confinavano con quelle dei piccoli possessori o anche con quelle di una curtis diversa. La stessa parte a gestione diretta o “riserva signorile” (definita dominicum o pars dominica) poteva avere parcelle in villaggi diversi: nella zona principale della riserva signorile c’erano i magazzini, la casa del signore o del suo amministratore (il villicus), spesso fortificata con un castello (sono frequenti le attestazioni di curtis cum castro). Ancora più dislocata sul territorio era la parte a gestione indiretta (massaricium o pars massaricia). Ogni famiglia colonica aveva (con contratti a termine, o vitalizi, spesso anche ereditari) un “manso”, vale a dire un’unità di gestione di dimensione variabile (più grande prima del secolo X, quando le rese agricole erano più basse, più piccola dopo) che il colono coltivava con i suoi familiari, i suoi attrezzi e le sue bestie da traino. Il manso era composto da una parte centrale (per lo più in un villaggio) con la casa, l’orto, i ricoveri per gli animali, e dai campi, distribuiti in diverse quote del territorio esterno del villaggio (in modo che non potesse mai succedere che, nelle rotazioni delle colture, tutti i campi di un manso fossero contemporaneamente a riposo). Il colono pagava l’uso della terra con quote di prodotto, con denaro e anche con prestazioni d’opera, le corvées. Per alcuni giorni all’anno doveva lavorare nella parte “dominica”, la quale, in tal modo, non contava soltanto sulla propria forza lavoro interna (per lo più servile) ma anche su forza lavoro attinta alla parte “massaricia”. L’economia curtense non era un’economia “chiusa” o “naturale”, fondata sul baratto: sia il signore sia i coloni vendevano le eccedenze di prodotto su mercati regionali o locali. Con il trascorrere degli anni i grandi possessori trovarono sempre più conveniente restringere il dominicum e ampliare il massaricium. Dalla fine del secolo XI in poi, lo squilibrio fra le due parti divenne tale che la curtis cessò sostanzialmente di esistere come azienda bipartita, facendo posto a grandi latifondi a gestione indiretta (con affittanze e mezzadrie). Il termine curtis continuò a indicare l’antico centro curtense, in senso toponomastico e non più aziendale, e come tale è sopravvissuto fino a oggi come prefisso o suffisso del nome di vari centri abitati (corte in italiano, Hof in tedesco, cour in francese).