Croazia

Stato attuale dell’Europa meridionale.

  1. Dalle origini alla prima guerra mondiale
  2. Dalla prima guerra mondiale all’indipendenza
1. Dalle origini alla prima guerra mondiale

Già parte delle province romane di Pannonia e Dalmazia, la regione, dopo essere stata invasa da ostrogoti e avari, fu occupata nel 533 d.C. dai bizantini. Venne popolata nel VI secolo da tribù croate provenienti dall’Ucraina, le quali nel IX secolo si convertirono al cristianesimo. Nel corso della storia successiva i croati rappresentarono un baluardo del cattolicesimo di fronte ai musulmani della Bosnia-Erzegovina e ai cristiano-ortodossi di Serbia. La Croazia divenne un regno nel 925 a opera di Tomislav. Nel 1091 cadde sotto il dominio di Ladislao I di Ungheria. Ebbe così inizio un periodo plurisecolare di egemonia ungherese, la quale però non soffocò del tutto l’autonomia croata. Molto forti diventarono i contrasti con Venezia per il controllo della Dalmazia, considerata un accesso vitale al mare. La vittoria degli Ottomani nella battaglia di Mohacs del 1526 pose gran parte della Croazia sotto il potere della Porta. La lotta contro i turchi indusse i croati, rimasti liberi dal dominio ottomano, a guardare agli Asburgo come al loro presidio. Sicché nel 1527 essi scelsero Ferdinando d’Asburgo quale re. La dominazione turca ebbe fine nel 1699 con la pace di Carlowitz, in base alla quale la Croazia diventò parte dell’impero asburgico venendo sottoposta alla dominazione dell’Ungheria. Incorporate da Napoleone tra il 1806 e il 1813 nelle Province illiriche, dopo il crollo dell’impero francese la Croazia e la Dalmazia furono reintegrate nei domini asburgici. La politica di magiarizzazione imposta dagli ungheresi provocò la crescente reazione della coscienza nazionale croata, che trovò un suo forte campione in Josip Jelacic, bano della Croazia, il quale, dopo aver proceduto all’abolizione del servaggio, entrò in aperto conflitto con i rivoluzionari ungheresi nel 1848-49. La restaurazione asburgica mise in crisi profonda le aspirazioni croate. Nel 1868, all’indomani della ristrutturazione dell’impero nella “duplice monarchia” austro-ungarica (1867), la Croazia e la Slavonia, incorporate nel regno di Ungheria, ottennero una relativa autonomia sotto il governo di un bano e con una dieta croata. Il periodo tra il 1868 e il 1914 vide crescere costantemente il risentimento dei croati nei confronti del tentativo degli ungheresi di soffocare la loro coscienza e le loro aspirazioni nazionali.

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2. Dalla prima guerra mondiale all’indipendenza

Il crollo dell’impero austroungarico nel dicembre del 1918 portò la Croazia a far parte del regno di Serbia, Croazia e Slovenia, divenuto poi regno di Iugoslavia. Nell’ambito di quest’ultimo il nazionalismo croato rimase quanto mai vivo, assumendo durante la seconda guerra mondiale, attraverso il movimento degli ustascia, un carattere attivamente filofascista e filonazista, diretto contro il movimento partigiano guidato da Tito ed egemonizzato dai serbi, che pure non mancò dell’appoggio di una parte consistente di croati. Dopo il 1945 e l’avvento al potere dei comunisti di Tito la Croazia diventò una delle sei repubbliche della Federazione iugoslava. Nel giugno 1991, nel quadro del processo di dissoluzione della federazione e del regime comunista, la Croazia, guidata dal nazionalista Franjo Tudjman, già esponente comunista, proclamò la propria indipendenza, che venne consolidata dopo un periodo di aspri scontri con l’esercito iugoslavo, largamente controllato dai serbi. Il crollo della Iugoslavia portò infine al suo riconoscimento internazionale nel gennaio del 1992. Raggiunta la sua indipendenza, la Croazia si trovò subito pienamente coinvolta nella crisi bosniaca, perseguendo attivamente mire di espansione territoriale, da un lato in una posizione di forte antagonismo con i serbi, dall’altro in un’alleanza di fatto con loro in base al comune proposito di ostacolare il consolidamento nella Bosnia-Erzegovina della componente musulmana. Una volta esplosa la guerra civile nella Bosnia-Erzegovina nel 1992, la Croazia intervenne con il proposito di stroncare il tentativo dei serbi di mantenere in vita una repubblica serba di Krajina. Nel 1995 la Croazia tornò in possesso di pressoché la totalità delle terre che nei propri confini erano abitate da serbi, in gran parte espulsi, e la Krajina fu riconquistata; nel 1998 fu annessa la Slavonia, sottoposta nel 1996 all’amministrazione dell’ONU. Le ostilità con la Iugoslavia ebbero fine nel 1996. I due paesi stabilirono normali relazioni diplomatiche e la Iugoslavia riconobbe i confini della Croazia. Nel 1997 Tudjman fu rieletto presidente, in un clima di contestazioni da parte delle opposizioni per le sue inclinazioni autoritarie. Egli morì nel dicembre del 1999, chiudendo un’era della recente storia croata. Alle elezioni presidenziali e legislative del 2000 si affermò, grazie a un programma di ampie riforme nella prospettiva dell’integrazione nell’Unione Europea, una coalizione di centrosinistra guidata da Stipe Mesić. Quest’ultimo si incaricò di avviare un’energica lotta contro la corruzione e, al contempo, di migliorare le relazioni internazionali del Paese. Nonostante l’avvio di intense trattative, l’ingresso della Croazia nell’Unione Europea fu ripetutamente ritardato a causa sia dei perduranti dubbi circa l’effettiva democraticità delle sue istituzioni, sia della mancata consegna alla giustizia di numerosi suoi ex criminali di guerra. Nel 2009, anno in cui la Croazia entrò nella NATO, il primo ministro conservatore, Ivo Sanader, alla guida del paese dal 2003, diede inaspettatamente le proprie dimissioni, venendo sostituito da Jadranka Kosor, anch’ella esponente dell’Unione democratica croata (HDZ). Nel gennaio del 2010, dopo due consecutivi mandati di Mesić, fu eletto alla presidenza Ivo Josipović del Partito socialdemocratico (SDP).
Nel giugno 2011 furono portate a termine le trattative per l’ingresso della Croazia nell’Unione europea, (previsto per luglio 2013), ma l’aggravamento della situazione economica sull’onda della crisi finanziaria globale condizionò il risultato delle elezioni generali del successivo dicembre, che videro la sconfitta dell’HDZ e il successo della coalizione moderata guidata da Zoran Milanovic.

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