Costa d’Avorio

Stato attuale dell’Africa centro-occidentale. In epoca precoloniale la zona occidentale del paese fu abitata da popolazioni che diedero vita a società senza stato, cui si sovrapposero tra il XVII e il XVIII secolo gruppi di agni. Nella zona nordorientale invece, a partire dal XV secolo, le popolazioni mande costituirono piccoli organismi statali, il più importante dei quali fu il regno di Kong. Dedito prevalentemente al commercio della cola e dell’oro e dotato di una buona difesa militare, questo raggiunse il suo apogeo alla fine del XVIII secolo, quando la capitale Kong divenne una delle città musulmane più importanti della fascia guineana. Nella zona preforestale infine, intorno al XVII secolo, si costituirono i regni di Buna e di Bunduku (o regno degli Abron), caratterizzati da una struttura centralizzata e gerarchica simile a quella degli ashanti: il primo, posto sulla rotta di importanti strade carovaniere, fondò la sua ricchezza sul commercio, il secondo sullo sfruttamento delle miniere d’oro di Bunduku. Alla fine del XIX secolo, tuttavia, entrambi ricaddero sotto l’egemonia degli ashanti (Ghana). I portoghesi raggiunsero le coste del paese alla fine del XV secolo, ma i primi insediamenti europei furono costituiti dai francesi a partire dagli inizi del XVIII secolo e furono finalizzati soprattutto allo sfruttamento del commercio degli schiavi e poi dell’olio di palma. Trattati di protettorato furono firmati alla fine del XIX secolo con molti capi locali (nel 1889 con i rappresentanti del regno di Kong). Il 10 marzo 1893 la Costa d’Avorio divenne colonia francese e dal 1899 fu inquadrata nell’Africa occidentale francese. Le resistenze opposte alla conquista da alcune popolazioni della zona settentrionale (in particolare dai baulé) non permisero però ai francesi di controllare effettivamente le regioni interne fino alla prima guerra mondiale. Nel periodo fra le due guerre il governo coloniale promosse lo sviluppo agricolo del paese, incrementando la produzione del caffè e costruendo alcune infrastrutture essenziali. Territorio d’oltremare nel 1946, la Costa d’Avorio ottenne l’autonomia nell’ambito della Comunità francese nel 1958. Ottenuta l’indipendenza il 7 agosto 1960, il 31 ottobre 1960 venne promulgata la costituzione. Si instaurò così una repubblica presidenziale, a capo della quale per un trentennio fu sempre confermato ogni cinque anni Félix Houphouët-Boigny, il principale leader del movimento indipendentista, poi capo del Partito democratico della Costa d’Avorio (PDCI). Il paese poté quindi godere di una stabilità del tutto eccezionale nel quadro politico africano, anche se negli anni Ottanta il regime instaurato dal suo leader iniziò a dare chiari sintomi di malessere. Negli anni Sessanta Houphouët-Boigny si fece assertore della collaborazione tra i paesi in via di sviluppo e l’Occidente capitalistico (in questo quadro mantenne sempre buoni rapporti con la Francia) e diede il proprio contributo al sorgere di numerose iniziative associazionistiche africane, culminate nella costituzione della Comunità economica dei paesi dell’Africa occidentale nel 1972. In politica interna in questo stesso periodo fu esautorata l’opposizione e nel 1970 fu istituito un regime a partito unico. Per tutto il decennio successivo gli investimenti stranieri (soprattutto francesi) e la possibilità di poter contare sempre su una manodopera d’immigrazione africana a basso costo garantirono ancora al paese una certa prosperità. Nella seconda metà degli anni Ottanta però il crollo dei prezzi del caffè e del cacao – i principali prodotti d’esportazione – causarono una grave recessione economica, che ridusse fortemente il reddito pro capite soprattutto dei funzionari e della popolazione urbana. Ciò coincise con l’adozione di discusse misure in campo interno (quale la costruzione della grandiosa basilica di Notre-Dame de la Paix a Yamoussoukro, città eretta nel 1983 a capitale politica) e internazionale (l’apertura verso Israele e il Sudafrica fra il 1987 e il 1988) e concorse all’acutizzarsi delle tensioni sociali. Per far fronte alle proteste di vasti strati della popolazione (funzionari, studenti, proletariato urbano) nel maggio 1990 Boigny dovette annullare le annunciate misure fiscali e dichiararsi disposto, in linea di principio, ad aprire il sistema al multipartitismo. Si trattò tuttavia di una scelta solo di facciata, che non impedì l’aggravarsi del clima politico in relazione al permanere e all’acutizzarsi della crisi economica. Nel 1992 furono prese misure contro gli oppositori, emersero tensioni etniche (fra i malinke del nord, musulmani e più poveri, i baulé del sud, tradizionalmente legati al PDCI e i beté dell’est, ostili alla predominanza baulé) e si manifestarono atteggiamenti xenofobi della popolazione contro gli immigrati. Nel 1993 Boigny morì. Gli succedette un altro esponente del Partito democratico, Henri Konan Bédié, rieletto nel 1995. Una grave crisi interna scoppiò nel 1999, quando Bédié fece arrestare varie centinaia di oppositori. Alla fine dell’anno un colpo di stato destituì il presidente portando al potere una giunta militare. La politica estera del paese restò caratterizzata dal mantenimento di strette relazioni con la Francia e in generale con i paesi occidentali. Alle successive presidenziali, svoltesi nell’ottobre 2000, si affermò Laurent Gbagbo. Un tentato colpo di stato nel 2002 rigettò però il paese nel caos, dividendolo in un nord controllato dalle forze ribelli e in sud controllato da quelle fedeli al governo legittimo. Nonostante l’intervento militare ONU e la sottoscrizione nel 2003 di un accordo tra le parti, la situazione continuò a restare fortemente incerta. A solo un anno di distanza, dopo la violazione del cessate il fuoco, si scatenarono nuovi disordini che assunsero presto un carattere violentemente anti-francese. Solo nel 2007, in seguito a ripetuti negoziati, fu inaugurato un nuovo governo di transizione con Gbagbo presidente e Guillaume Soro, un leader ribelle, primo ministro. Segnate da nuove gravi irregolarità, le elezioni presidenziali del 2010 segnarono la simultanea e controversa affermazione di Gbagbo e di Alassane Ouattara, che formarono, nelle rispettive aree di influenza, due diversi governi. Nonostante le forti pressioni esercitate dall’Unione Africana, dagli Stati Uniti e dall’Unione Europea, Gbagbo non si dimise, sancendo di fatto il riaprirsi della crisi, che, nei primi mesi del 2011, registrò una nuova escalation delle violenze. Le forze ribelli ripresero dunque l’iniziativa militare, prendendo presto possesso di numerosi centri controllati dalle forze governative nel sud del paese. Intorno alla fine di marzo dello stesso anno, le forze ribelli – nel frattempo autoproclamatesi Forze Repubblicane della Costa d’Avorio (FRCI) – iniziarono l’assedio di Abidjan e, sostenute dai contingenti militari ONU e francesi presenti sul territorio, arrestarono Gbagbo. Nonostante il protrarsi degli scontri tra i sostenitori di Gbagbo e quelli di Ouattara, quest’ultimo riassunse la carica di presidente e si impegnò a fondo nel rilancio dell’economia e nella riconciliazione del paese.