corte

(dal latino cors, cortile della villa). Termine dai molteplici significati, tra i quali emerse, con i franchi, quello di residenza dei sovrani, indicando anche, per estensione, il loro seguito (i cortigiani). Dall’antichità fino all’epoca delle monarchie assolute, i più importanti cortigiani furono anche responsabili del governo dello stato, con una sovrapposizione di compiti che rende spesso impossibile la distinzione tra incarichi di corte e funzioni di governo. Soprattutto negli stati assoluti la corte rappresentava il centro della vita politica dello stato. Una funzione della corte, fin dalle antiche monarchie orientali, fu quella di separare la vita del sovrano da quella dei sudditi, circondando la prima di un’atmosfera di mistero e di fascino, accentuata dalla rigida gerarchia, dal minuzioso cerimoniale e dalle regole dell’etichetta. La vita di corte si fondò sempre sull’opera e sul servizio di un personale numeroso, dagli umili domestici, spesso (nell’antichità) di condizione servile, incaricati della cura della persona del re e dei suoi familiari, agli addetti, funzionari e responsabili delle svariate attività che si svolgevano al suo interno: il governo e l’amministrazione finanziaria (della corte e, sovente, dello stato), la cancelleria, le cerimonie, le ambascerie e gli incontri diplomatici, il servizio di guardia, l’educazione dei figli, le attività culturali e di intrattenimento. Al vertice dell’organizzazione c’era un direttore: il gran ciambellano di tante corti antiche e moderne, il procurator castrensis romano, il maiordomus franco, il gran siniscalco della Sicilia normanna. In alcuni stati e periodi storici le corti furono itineranti, come presso i popoli germanici nel medioevo, ma il più delle volte i sovrani scelsero una sede fissa per il proprio palatium. La vita di corte fu spesso direttamente associata allo sviluppo della cultura e delle arti, poiché il prestigio culturale fu un elemento che i sovrani più illuminati curarono con grande attenzione: ne furono testimonianza la Schola palatina della reggia di Carlo Magno ad Aquisgrana, l’esistenza di una letteratura “cortese” nel medioevo, lo splendore e la raffinatezza delle corti italiane nel Rinascimento, il mecenatismo di papi, re e principi laici ed ecclesiastici. La vita di corte produsse anche un modello di umanità e una figura tipica, quella del cortigiano, esperto nelle regole dell’etichetta, ma anche della morale della vita di corte, cui furono dedicate opere quali il Cortegiano (1518) di B. Castiglione e il Galateo (1558) di G. Della Casa. Le corti furono anche sede di frequenti intrighi e congiure, di natura sia politica, sia personale. La più celebre espressione della vita di corte nell’età dell’assolutismo, la reggia di Versailles, fu anche protagonista del declino della corte stessa: le sue ingenti spese, che ricadevano sotto forma di tasse sulla popolazione, provocarono la crescente indignazione degli intellettuali illuministi e del popolo e contribuirono a creare il clima da cui sarebbe poi scaturita, alla fine del XVIII secolo, la Rivoluzione francese. Nell’età contemporanea, con la crisi dell’assolutismo e la diffusione del liberalismo e della democrazia, la vita di corte, nelle monarchie sopravvissute alla crescente affermazione del principio repubblicano, ha perduto il suo ruolo politico e le caratteristiche e il significato sociale di distanza assoluta tra il sovrano e il popolo, riducendosi a perpetuazione più che altro formale e celebrativa degli antichi cerimoniali.