consolato, console

Dal latino consul (console). Il consolato rappresentò nell’antica Roma la più alta carica politica, giurisdizionale e militare del periodo repubblicano, detenuta da due consoli annuali che dal 510 al 367 a.C. erano eletti tra i patrizi, e successivamente anche tra i plebei (lex Licinia). I consoli avevano il comando dell’esercito, stipulavano trattati subordinati alla ratifica senatoriale, convocavano i comizi e il senato, proponevano le leggi, amministravano la giustizia (escluse le competenze pretorili). Godevano di speciali riconoscimenti e insegne, come la scorta delle guardie littorie, la toga purpurea e la sedia curule. L’ufficio consolare perse già nell’ultimo secolo repubblicano molte attribuzioni politiche ma, con durata diversa e attribuzioni inferiori, proseguì in quanto tale anche in epoca imperiale. Nel medioevo il consolato si trasformò in un’istituzione comunale e precedette in Italia la comparsa della figura del podestà. I consoli (da due a dodici) erano eletti annualmente dai cittadini di un comune con procedure per lo più indirette. Tra i cittadini e i consoli si stabiliva un giuramento solenne, che era insieme un riconoscimento della delega del potere e un patto di obbedienza alla sovranità dell’esecutivo eletto per occuparsi del governo politico, amministrativo e diplomatico della città. Durante la Rivoluzione francese, dal 1799 al 1804, il consolato fu l’istituzione politica decisiva istituita, dopo il colpo di stato di N. Bonaparte, con la Costituzione dell’anno VIII. Nell’epoca contemporanea il console è il titolare di un ufficio di rappresentanza diplomatica di uno stato all’estero.