Congo, Repubblica democratica del

Stato attuale dell’Africa equatoriale. È costituito dalla ex colonia del Congo belga, sino al 1971 denominato Congo Kinshasa e da allora al 1997 Zaire.

  1. L’età precoloniale e la colonizzazione
  2. L’indipendenza e la dittatura di Mobutu
  3. Il Congo dopo la caduta di Mobutu
1. L’età precoloniale e la colonizzazione

Il paese, il più esteso del continente africano, fu abitato originariamente dai pigmei, ai quali si aggiunsero in seguito popoli agricoltori di lingua bantu che, molto più numerosi, spinsero i pigmei nelle zone interne della foresta. Gruppi sudanesi raggiunsero quindi la regione settentrionale mentre gruppi niloti si stanziarono nell’area orientale (al confine con Uganda, Ruanda e Burundi). In epoca precoloniale nel bacino del fiume Congo i bantu diedero vita a numerosi regni, fra i quali assunsero particolare importanza quello costiero del Kongo e quelli interni di Kuba, Luba e Lunda. Il regno del Kongo, fondato probabilmente fra il XIV e il XV secolo ed esteso fra il Kasai e la foce del Congo, era assai prospero all’epoca dell’arrivo degli europei, ma perse presto il suo carattere originario per la conversione dei suoi sovrani al cattolicesimo e per i rapporti di sudditanza che lo legarono al Portogallo: nella seconda metà del XVI secolo si costituirono sul suo territorio insediamenti portoghesi finalizzati soprattutto alla lucrosa attività della tratta degli schiavi verso il Brasile. Nello stesso periodo, il regno fu soggetto all’invasione degli jaka, predoni nomadi che ne distrussero la capitale. Nel XV-XVI secolo si imposero nell’entroterra i regni dei Kuba, dei Luba e dei Lunda. Il regno dei Kuba, a differenza di quello del Kongo, riuscì a conservare a lungo le sue caratteristiche originarie, che si espressero nell’organizzazione di una rete di consigli e di una capillare burocrazia che faceva capo a una monarchia di origine divina. Nonostante il contatto con i bianchi esso riuscì a mantenersi indipendente sino all’inizio del XX secolo, quando fu ricompreso nel Congo belga. Più scarse le notizie giunteci sul regno dei Luba, formatosi probabilmente fra il XV e il XVI secolo nella regione del Katanga e caratterizzato anch’esso, oltre che dall’agricoltura e dalla pesca, dalla presenza di un artigianato dalle elevate qualità artistiche. La terza formazione statale della foresta equatoriale (anch’esso nella regione del Katanga) fu il regno dei Lunda, piuttosto esteso nel XVI secolo e diviso al suo interno, come il precedente, in signorie locali di fatto largamente indipendenti. I primi contatti con gli europei furono stabiliti fin dalla fine del XV secolo, quando nel 1482 il portoghese Diogo Cão raggiunse le foci del Congo (nell’attuale Angola). L’esplorazione dell’interno del paese risale però alla spedizione organizzata da Henry Morton Stanley (1877) e alla successiva costituzione nel 1878 dell’Associazione internazionale del Congo da parte del re del Belgio Leopoldo II (che aveva finanziato l’impresa di Stanley). Contemporaneamente i francesi stabilirono il protettorato sulle regioni a nord del fiume Congo (1880), poi divenuto Congo francese. La conferenza di Berlino del 1884-85 (detta anche conferenza del Congo) stabilì le rispettive aree di influenza di Belgio e Francia. Leopoldo II rivendicò e ottenne il riconoscimento della sua sovranità personale sullo “Stato libero del Congo”. Il sovrano venne nominato presidente e il suo possedimento fu ritenuto formalmente distinto dal Belgio. Le polemiche sulle condizioni di semischiavitù in cui era tenuta la popolazione locale (sfruttata nelle piantagioni e per la costruzione della rete ferroviaria) indussero il parlamento belga a farsi cedere dal sovrano nel 1908 il diretto controllo della vasta area del bacino del Congo, che divenne la colonia del Congo belga. Il paese costituì da allora una grande riserva di materie prime per il Belgio (al quale appartenevano anche le compagnie minerarie per lo sfruttamento del rame e dello stagno); la valorizzazione delle sue ricchezze non si tradusse tuttavia in un reale miglioramento delle condizioni di vita della popolazione locale. La colonia fu teatro di scontri durante la prima guerra mondiale sino alla conquista belga della colonia tedesca del Ruanda-Urundi. Dopo la seconda guerra mondiale la scoperta di giacimenti di uranio attirò ancor più gli interessi delle industrie europee. Nella seconda metà degli anni Cinquanta il crescente nazionalismo indusse il governo belga a concedere forme di autogoverno al paese (1957). La risposta dell’Associazione dei bakongo (ABAKO) guidata da Joseph Kasavubu (che raccoglieva i consensi dell’etnia kongo, della zona nordoccidentale e della costa) e del Movimento nazionale congolese (MNC) di Patrice Lumumba (espressione delle etnie dell’interno) fu la richiesta di indipendenza, ottenuta il 30 giugno 1960.

Top

2. L’indipendenza e la dittatura di Mobutu

La situazione politica e sociale dell’ex colonia belga conobbe subito una fase di gravissima crisi per la mancanza di una classe dirigente preparata alle responsabilità di governo e per le divisioni etniche (che trovavano eco nelle diverse forze politiche). La lotta per il potere si tradusse infatti nello scontro fra Kasavubu, divenuto presidente della repubblica, e Lumumba, primo ministro dopo la vittoria elettorale del MNC alle elezioni del 1960. Mentre Kasavubu era sostenitore di un modello di stato federale, Lumumba affermava la necessità di un assetto unitario del paese. Sempre nel 1960 la crisi politica si risolse in guerra civile a seguito della proclamazione da parte di Moïsé Tshombé della secessione del Katanga, provincia ricca di giacimenti minerari e per questo al centro degli interessi stranieri (soprattutto della compagnia belga dell’Unione mineraria dell’Alto Katanga che sosteneva apertamente Tshombé). La secessione del Katanga determinò l’emarginazione politica di Lumumba, allontanato dalla carica di primo ministro per aver ricercato l’appoggio dell’Unione Sovietica dopo il fallimento dell’intervento dei caschi blu dell’ONU. Arrestato dopo il golpe del colonnello Mobutu (14 settembre 1960), Lumumba fu poi ucciso nel gennaio 1961. Mobutu restituì quindi il potere ai civili, ma la situazione nel paese si fece ancor più confusa, e altre regioni (la Provincia orientale, il Kivu, il Kasai) si sottrassero al controllo governativo in un clima di generalizzata anarchia e di conseguente paralisi economica. La crisi del Katanga si concluse soltanto nel gennaio 1963 grazie a un nuovo intervento ONU con la resa di Tshombé, senza che si giungesse tuttavia a una reale pacificazione della regione. Neppure la via della riforma istituzionale in senso presidenziale, tentata dal presidente Kasavubu, diede maggiore stabilità al paese. L’approvazione di una nuova costituzione nel giugno 1964 determinò infatti una violenta reazione delle opposizioni. Nell’agosto dello stesso anno il Movimento rivoluzionario di liberazione (MRL), che si richiamava al pensiero di Lumumba ed era appoggiato dai paesi socialisti e in particolare dalla Cina, proclamò a Stanleyville la repubblica popolare del Congo, che fu soppressa anche attraverso il ricorso a mercenari europei. Nel frattempo il rafforzamento della posizione del leader del Katanga Tshombé – il suo partito, il CONACO vinse le elezioni politiche del marzo 1965 – e il radicale contrasto di questi con Kasavubu offrirono a Mobutu l’occasione per compiere, nel novembre dello stesso anno, un nuovo colpo di stato. Giunto al potere, Mobutu procedette alla costruzione di un regime personale di carattere autoritario che avrebbe segnato la vita politica del paese nei decenni successivi. Egli accentrò su di sé le principali cariche dello stato (dapprima quella di presidente e, dal 1966, anche quella di primo ministro) per poi trasformare la repubblica – con la costituzione del 1967, approvata attraverso un referendum – in senso presidenziale. Dal dicembre 1970, dopo essere stato eletto nell’ottobre dello stesso anno presidente della repubblica, egli consolidò ulteriormente il suo potere con la creazione di un regime a partito unico, il Movimento popolare della rivoluzione, la cui struttura fu unificata con quella del governo. Alla brutale repressione Mobutu accompagnò, nella sua strategia politica, l’esaltazione del carattere peculiare e autoctono della cultura nazionale: ribattezzò la capitale Léopoldville con il nome di Kinshasa, il paese con il nome di “Zaire” (termine col quale le lingue bantu indicano il fiume Congo) e si attribuì il nome bantu di Mobutu Sese Seko. Scarsi furono invece, fino agli anni Ottanta, i risultati ottenuti sul piano economico, nonostante la creazione sin dal 1967 di una Società generale congolese per lo sfruttamento delle risorse del sottosuolo, l’attuazione di una riforma monetaria e la nazionalizzazione nel 1973 di molte imprese straniere. I tentativi di diversificazione rispetto allo sfruttamento minerario (ancora fortemente legato all’estrazione del rame, il cui prezzo diminuì a partire dalla seconda metà degli anni Settanta) e di potenziamento dell’agricoltura furono in gran parte compromessi dalle gravi disfunzioni amministrative, dalle ripercussioni della guerra civile in Angola e dall’insufficienza di capitali. Frattanto, nella seconda metà degli anni Settanta si ripropose in tutta la sua gravità il problema dell’ex Katanga (ribattezzato nel 1972 Shaba). Nel 1978 il Fronte congolese di liberazione nazionale diede inizio alla sollevazione di questa regione, provocando l’intervento dei paracadutisti francesi e belgi oltre che di forze di numerosi paesi africani. La regione di Shaba poté ritornare alla normalità e a un governo di civili soltanto nel 1980. In campo internazionale lo Zaire di Mobutu, in un primo tempo legato ai paesi dell’area socialista, dalla seconda metà degli anni Ottanta si aprì progressivamente all’Occidente, soprattutto nella prospettiva di ottenere aiuti finanziari. La fine della guerra fredda e le scarse garanzie che lo Zaire poteva offrire sul piano dell’efficienza amministrativa e del rispetto dei diritti civili non consentirono però al paese di trarre i vantaggi sperati dal nuovo schieramento. La crisi economica e il crescente indebitamento, le proteste popolari legate alla disoccupazione dilagante costrinsero Mobutu a legalizzare le opposizioni (1990). Dal 1992 fu costituito un Alto consiglio per la repubblica dominato dai gruppi dell’opposizione e in aperto antagonismo con l’Assemblea nazionale, fedele a Mobutu: i due organismi si fusero nel 1994 per preparare la transizione a un regime democratico. Nonostante gli ostacoli frapposti da Mobutu, costretto ad accettare il ridimensionamento del suo potere, il nuovo primo ministro Kengo Wa Dondo attuò dal 1995 rigide misure di contenimento della spesa attraverso il licenziamento nel settore pubblico. Le difficoltà economiche dello Zaire furono ulteriormente aggravate dalla nuova emergenza legata all’arrivo dei profughi ruandesi (oltre un milione).

Top

3. Il Congo dopo la caduta di Mobutu

Nel 1996 si formò un esercito di liberazione nazionale guidato da un veterano della guerriglia, Laurent Désiré Kabila, le cui forze nel maggio 1997 conquistarono la capitale Kinshasa, mentre il regime di Mobutu si disgregava.


Conquistato il governo, Kabila cambiò il nome del paese, che fu chiamato Congo, e diede inizio alla ricostruzione. Se non che nel 1998 scoppiò una nuova guerra civile – la cosiddetta “Grande guerra africana” – per iniziativa dei tutsi banyamulenge e dei militari del Fronte patriottico, che vide l’Angola, la Namibia e lo Zimbabwe sostenere Kabila e il Ruanda e l’Uganda le forze ribelli. Nel 1999, grazie alla mediazione dell’ONU e dell’Unione Africana fu stabilita una tregua precaria.


A Laurent Désiré Kabila, ucciso in un attentato nel 2001, successe il figlio Joseph che avviò un difficile tentativo di conciliazione sotto l’egida dell’Unione Africana e della Repubblica Sudafricana. L’accordo fu raggiunto nel 2002 e ratificato l’anno successivo. Sotto la sorveglianza del contingente ONU fu adottata una nuova costituzione provvisoria e insediato un governo di transizione presieduto dallo stesso Joseph Kabila. Nonostante le devastazioni della guerra, Kabila riuscì a ottenere risultati significativi in vista della ricostruzione, senza tuttavia giungere alla completa pacificazione del paese. Nel 2006 fu promulgata la nuova costituzione e Kabila riconfermato alla presidenza dello stato.


Nel 2009 furono avviate nuove trattative per risolvere lo stato di permanente guerra civile nella regione orientale del paese. Nelle elezioni presidenziali del novembre 2011 Kabila ottenne una nuova riconferma nonostante le accuse di irregolarità denunciate dall’opposizione guidata da Etienne Tshisekedi. Nel 2012, in un clima di permanente incertezza, la coalizione guidata da Kabila riuscì ad assicurarsi una ristretta maggioranza all’interno del parlamento.

Top