Colombia

Stato attuale dell’America meridionale.

  1. L’era coloniale
  2. Dalla guerra di indipendenza alla repubblica
  3. Il XX secolo
  4. La Colombia nel Duemila
1. L’era coloniale

L’attuale Colombia costituì il cuore della colonia spagnola di Nuova Granada. La sua conquista seguì le esplorazioni delle coste caraibiche (1500-1501) e del Pacifico (1525) e si compì nel giro di pochi lustri. Tra il 1525 e il 1539 vennero fondate le principali città, tra cui la capitale Santa Fé de Bogotà (1538). L’istituzione di un’audiencia a Bogotà nel 1549 aprì l’era coloniale, nel corso della quale il consolidamento della dominazione spagnola andò di pari passo con la diminuzione delle popolazioni indigene, decimate dallo sfruttamento e dalle malattie. Nel 1564 Nuova Granada fu trasformata in governatorato subordinato al viceregno del Perú. Nel 1717 divenne un viceregno indipendente (successivamente soppresso e ricostituito nel 1740), con giurisdizione, oltre che sulla Colombia, sul Panamá, l’Ecuador e gran parte del Venezuela. Una serie di riforme politiche ed economiche, introdotte dai Borbone nella seconda metà del XVIII secolo per rendere più efficace il controllo dell’autorità centrale e per riorganizzare le relazioni tra le colonie e la madrepatria favorirono un certo sviluppo economico e l’incremento demografico, portando al rafforzamento dell’oligarchia creola, nelle cui mani erano andate concentrandosi le leve del potere economico e sociale. Fu proprio tra i creoli che, tra la fine del XVIII e gli inizi del XIX secolo, prese piede un diffuso malcontento nei confronti della politica imperiale, che doveva infine sfociare nella lotta per l’indipendenza.

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2. Dalla guerra di indipendenza alla repubblica

Le rivolte dei comuneros (1780-81) furono il primo sintomo significativo di insofferenza delle popolazioni locali nei confronti della dominazione spagnola. La guerra d’indipendenza ebbe inizio nel 1810, con la sollevazione di Bogotà del 20 luglio, e si concluse nel 1819 con la vittoria dell’esercito colombiano-venezuelano guidato da Simón Bolívar su quello spagnolo. Fu così creata la repubblica di Colombia, o Grande Colombia. Il nuovo stato, che comprendeva la Colombia, il Venezuela, Panamá e, dal 1822, l’Ecuador, ebbe vita breve. I conflitti tra i fautori di un governo fortemente centralizzato e i sostenitori di una soluzione di tipo federativo si rivelarono insanabili e alla fine la Grande Colombia andò incontro alla disgregazione. Nel 1830 Ecuador e Venezuela proclamarono la loro indipendenza. Il resto del territorio prese dapprima il nome di repubblica di Nuova Granada e poi, nel 1886, dopo diversi cambiamenti, quello di repubblica di Colombia. Fin dai primi anni, la politica interna fu segnata dalla contrapposizione tra due partiti: quello conservatore, favorevole al centralismo e all’influenza della chiesa cattolica sullo stato, e quello liberale federalista, anticlericale e più aperto alla legislazione sociale e alle riforme fiscali. Durante la prima presidenza del conservatore Tomás Cipriano de Mosquera, passato poi nelle file liberali, venne firmato il trattato che garantì agli Stati Uniti il diritto di transito attraverso l’istmo di Panamá (1846). Tra il 1849 e il 1880 prevalse l’orientamento federale, che si concretò in due successive costituzioni: la prima, del 1858, istituì la Confederazione Granadina; la seconda, del 1863, diede vita agli Stati Uniti di Colombia. Con l’elezione del conservatore Rafael Núñez nel 1880 si ebbe il ritorno a un sistema fortemente centralizzato e la restaurazione dei privilegi ecclesiastici, aboliti nel trentennio liberale. Nel 1899 scoppiò una guerra civile che infuriò per tre anni con straordinaria violenza, al termine della quale i conservatori, usciti vincitori sugli oppositori liberali, dovettero subire la secessione del Panamá, proclamatosi indipendente con l’appoggio degli Stati Uniti nel 1903.

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3. Il XX secolo

Seguirono alcuni decenni di relativa stabilità politica, durante i quali vennero risolte sia la controversia con gli Stati Uniti per il controllo del canale di Panamá (1921), sia le questioni di confine con l’Ecuador e con il Perú. Gli effetti della grande crisi del 1929 posero le premesse per il cambio della guardia ai vertici dell’amministrazione. Alle elezioni del 1930 i conservatori dovettero cedere il potere ai liberali, che lo mantennero fino al 1946. Sotto la presidenza di Olaya Herrera (1930-34), di Alfonso López (1934-38 e 1942-46) e di Eduardo Santos (1938-42) furono varate importanti riforme economiche e sociali, che finirono per suscitare la reazione non soltanto dei conservatori ma anche dei liberali moderati. Alle elezioni del 1946 i liberali si presentarono divisi, consentendo così la vittoria del candidato conservatore Mariano Ospina Pérez (1946-50). Nel 1948, l’assassinio del leader della sinistra liberale Jorge Eliécer Gaitán provocò violenti disordini e precipitò il paese in una nuova guerra civile con migliaia di morti. Nel 1950 fu eletto presidente, in un clima di reazione, l’ultraconservatore Lauretano Gómez, che chiuse il parlamento e soppresse le libertà politiche. Gómez venne spodestato con un colpo di stato nel 1953 dal capo delle forze armate Gustavo Rojas Pinilla. Il regime di quest’ultimo, apertamente dittatoriale, degenerò in una scandalosa corruzione. Nel 1957 una giunta militare costrinse Rojas alle dimissioni, con l’appoggio sia dei conservatori sia dei liberali costituitisi in Fronte nazionale, sulla base di un accordo che prevedeva per un periodo di dodici anni la ripartizione paritetica degli eletti al Congresso e l’alternanza dei loro candidati alla presidenza. I governi della coalizione tentarono di affrontare la crisi economica e sociale con riforme parziali e, comunque, non tali da intaccare il potere dell’oligarchia dominante. Bande di guerriglieri, organizzati nell’Esercito di liberazione nazionale, andarono formandosi nelle campagne, appoggiati da intellettuali e da membri del clero progressista. Nel 1974, il liberale Alfonso López Michelsen vinse le prime elezioni dopo la fine del Fronte (1973), con un programma di lotta all’inflazione e alle sperequazioni fiscali. Ma a partire dal 1975 la politica del governo venne sempre più assorbita dalla lotta contro la guerriglia. Nel 1982 tornarono al potere i conservatori con Belisario Betancur Cuartas, il quale tentò di avviare una politica di pacificazione interna e di riportare il paese a condizioni di normalità. La sua azione tuttavia, come quella del suo successore, il liberale Virgilio Barco Vargas, eletto nel 1986, si rivelò impotente di fronte al dilagare della violenza politica e di quella criminale messa in atto dai trafficanti di droga che, nel corso degli anni Ottanta, giunsero a controllare una quota imponente dell’economia nazionale. Nei primi anni Novanta lo scontro tra il governo, appoggiato direttamente dagli Stati Uniti, e i trafficanti, riuniti nel cosiddetto cartello di Medellín, dominò la vita del paese provocando un gran numero di morti. I due presidenti liberali eletti nel 1990 e nel 1994, César Gaviria Trujillo ed Ernesto Samper Pizano si impegnarono nella lotta alla criminalità, ottenendo significativi risultati. Nel 1996 lo stesso Samper fu accusato di collusione con i trafficanti, venendo però scagionato. Le misure del governo contro la coltivazione della coca e del papavero suscitarono agitazione da parte dei coltivatori. Un’ondata terroristica con attentati, rapimenti e uccisioni, attacchi su vasta scala contro unità dell’esercito, fu suscitata nel 1997-98 da gruppi armati della guerriglia. Nel contempo grandi violenze contro i contadini e gli operatori umanitari furono messe in atto dagli squadroni della morte di estrema destra.

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4. La Colombia nel Duemila

Le elezioni del 1998 videro affermarsi i conservatori con la formazione di un governo con a capo Andrés Pastrana, che per un verso si impegnò a continuare la lotta contro il trafficanti e per l’altro nel 1999 intraprese difficili trattative con i gruppi della guerriglia, le Forze armate rivoluzionarie della Colombia (FARC) e l’Esercito di Liberazione Nazionale (ELN), concluse con un nulla di fatto nel 2002. Nello stesso anno divenne presidente Álvaro Uribe Vélez con un programma di repressione della guerriglia.


Nel 2006, dopo un accordo che portò al disarmo dei principali gruppi guerriglieri, Uribe fu rieletto per un secondo mandato presidenziale. Due anni dopo, a causa dello sconfinamento da parte di alcune unità militari colombiane impegnate nella repressione contro le FARC, si aprì una forte crisi con l’Ecuador.


Le tensioni si riaccesero nel 2010, quando il governo colombiano accusò Hugo Chavez di finanziare e dare appoggio alle FARC. Nel giugno dello stesso anno le elezioni presidenziali furono vinte da Juan Manuel Santos, già ministro della difesa dal 2006 al 2009 ed esponente di primo piano del Partito sociale dell’unità nazionale. Pochi mesi dopo, grazie a un incontro al vertice tra quest’ultimo e il presidente venezuelano e alla successiva eliminazione del leader delle FARC, Mono Jojoy, la situazione andò incontro a una progressiva normalizzazione.
Dopo l’avvio di trattative e ripetute dichiarazioni di cessate il fuoco, nel gennaio 2013 le FARC ripresero le attività di guerriglia.

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