cittadinanza

Derivante lessicalmente dalla “città”, nel senso latino della civitas, ovvero della città-stato antica, la cittadinanza qualifica e documenta giuridicamente e politicamente l’appartenenza di un individuo a una determinata comunità statale. Dal possesso pieno della cittadinanza consegue la titolarità dei diritti-doveri politici e la partecipazione alla vita dello stato secondo la legislazione vigente. La cittadinanza può essere acquisita per nascita, per estensione del diritto o per beneficio di legge, oppure per naturalizzazione. Essa può anche esser perduta: per esempio, a causa di condanne per delitti contro lo stato o per l’acquisto della cittadinanza di un altro paese che non ammette la doppia cittadinanza. Storicamente, la cittadinanza ricevette una compiuta definizione giuridica già nel diritto romano. Nell’antica Roma essa denotava la condizione, tipica dell’uomo libero, dell’esser componente della comunità sovrana e di aver accesso al godimento dei diritti civili (jus connubii, commercii, suffragii, honorum), il diritto-dovere di contribuire alla vita pubblica e di difendere la patria con le armi. Opposta alla condizione di sudditanza, tipica degli imperi e delle monarchie assolute, la cittadinanza fu riportata in auge nei comuni medievali, dove era cittadino colui che aveva concluso il contractus cictadinaticus, prestava i servizi comuni ed espletava i propri diritti politici. La cittadinanza moderna e contemporanea ebbe la sua definitiva sanzione a partire dalla Rivoluzione francese e fu accolta, tra Otto e Novecento, in tutti i codici legislativi europei e occidentali d’impronta liberaldemocratica.