ager publicus

Termine latino con cui veniva indicato il complesso dei beni immobili acquisiti dallo stato romano, in opposizione all’ager privatus, indicante la proprietà individuale. Si costituiva solitamente a seguito della confisca di un terzo del territorio di un popolo sconfitto o tramite lascito ereditario o, infine per la requisizione dei beni di un condannato. Se le miniere e le foreste venivano sfruttate direttamente dallo stato, le terre dell’ager publicus adatte alla coltivazione venivano solitamente date a privati cittadini in cambio del pagamento di un canone. Dopo che nel corso del IV secolo a.C. venne ratificata la concessione ai plebei di sfruttare l’ager publicus, le leggi Sempronie del 133 e del 123 a.C. fissarono il limite massimo di possesso di terre dell’ager publicus a 500 iugeri a testa (che potevano essere aumentati di 250 sino al massimo di 1000 iugeri in relazione al numero dei figli). In età repubblicana l’ager publicus divenne appannaggio di una ristretta cerchia di grandi latifondisti.