centrosinistra

Alleanza politica tra la DC, il PRI, il PSDI e il PSI che governò la repubblica italiana negli anni Sessanta, dopo la crisi del centrismo. Le premesse per la nuova formula di governo erano già state poste nel decennio precedente. Amintore Fanfani, segretario della DC dal 1954 al 1959, e Giovanni Gronchi, presidente della repubblica dal 1955 al 1962, avevano infatti già indicato la necessità di un’apertura al PSI per allargare le basi sociali dello stato democratico e per operare le riforme indispensabili alla modernizzazione del paese. Il PSI, d’altra parte, dopo i fatti del 1956 aveva maturato il definitivo distacco dal modello sovietico e dal partito comunista italiano, spostandosi su posizioni riformistiche. Al centrosinistra si opponevano ancora gli USA, il Vaticano e i ceti proprietari e conservatori italiani. Le nuove condizioni internazionali e interne dell’inizio degli anni Sessanta, con l’avvio della distensione tra i blocchi, la presidenza Kennedy negli Stati Uniti, il pontificato di Giovanni XXIII, l’industrializzazione del paese negli anni del “miracolo economico”, consentirono il passaggio alla nuova fase politica. Nel 1962 Fanfani costituì il primo governo con l’appoggio esterno del PSI. Aldo Moro dal 1963 guidò i tre governi di “centrosinistra organico” (con partecipazione di ministri socialisti) della successiva legislatura (1963-68). Il programma della coalizione prevedeva: l’avvio di una programmazione economica che consentisse una migliore distribuzione della ricchezza, la nazionalizzazione dell’energia elettrica, il decentramento politico-amministrativo con l’istituzione delle regioni (già previste dalla Costituzione), la riforma della scuola, del sistema fiscale, dell’assetto urbanistico. I risultati furono modesti e concentrati quasi tutti durante il governo Fanfani, quando furono istituiti l’ENEL (1962) e la scuola media unica (1963), con l’elevazione dell’obbligo a 14 anni. I successivi governi Moro, sia per il moderatismo del leader, sia per l’opposizione crescente dei conservatori e dei reazionari, che giunsero a tramare un colpo di stato nel 1964 (piano “Solo” del generale De Lorenzo), frenarono l’iniziale slancio riformatore. Il successo dell’opposizione comunista alle politiche del 1968, la contestazione studentesca (1968), le lotte operaie dell’“autunno caldo” (1969) e la strategia della tensione inaugurata dalla strage fascista di piazza Fontana a Milano (1969) aprirono una nuova difficile fase della vita politica nazionale, in cui la formula di centrosinistra continuò stancamente a riprodursi (governi Rumor e Colombo) fino al 1974, svuotata del significato originario. L’apertura della maggioranza di governo al PCI negli anni della solidarietà nazionale (1976-79) chiuse definitivamente l’epoca del centrosinistra. Nella seconda metà degli anni Novanta si tornò talora a utilizzare l’espressione “centrosinistra” in riferimento alla composita coalizione di governo guidata prima da Romano Prodi (dal 1996) e poi da Massimo D’Alema (dal 1998). Solo a partire dalle elezioni del 1994, seguite alla riforma elettorale dell’anno precedente, “centrosinistra” e “centrodestra” rappresentarono più in generale le denominazioni dei due schieramenti con cui si organizzò progressivamente, nel contesto di un tendenziale bipolarismo, il sistema politico italiano. Dopo l’esperienza del primo governo Prodi, il “centrosinistra” tornò al governo, sempre sotto la guida di quest’ultimo, nel maggio 2006, restandovi fino al maggio di due anni dopo.