Centrafricana, repubblica

Stato attuale dell’Africa equatoriale. In età precoloniale la zona sudorientale del paese fu abitata da tribù di origini bantu e nilotiche, fra le quali prevalse quella degli zande, che nel XVII secolo diede vita a uno stato organizzato. Nell’area centrosettentrionale invece erano presenti popolazioni banda, che non diedero origine a strutture statali. Nel corso dell’Ottocento gran parte del suo territorio (soprattutto le zone centrosettentrionali e orientali) fu fra le aree africane più interessate dal fenomeno della tratta degli schiavi, le cui conseguenze devastanti sul piano demografico ed economico condizionarono la successiva storia del paese. Intorno al 1875 passò sotto l’amministrazione dell’Egitto e un decennio più tardi, a seguito delle esplorazioni di Henry Morton Stanley, sotto il controllo della Francia. Annesso nel 1894, colonia nel 1905 con la denominazione di Ubanghi-Shari (alla quale fu unito il Ciad nel 1906), nel 1910 entrò a far parte della federazione dell’Africa equatoriale francese. Nel periodo coloniale il paese fu sottoposto a un regime di sfruttamento particolarmente rapace da parte delle compagnie commerciali, provocando la reazione delle popolazioni locali che talora sfociò in vere e proprie rivolte. Nel 1946 l’Ubanghi-Sciari divenne Territorio francese d’oltremare; nel 1958 ottenne lo status di repubblica autonoma nell’ambito della Comunità francese e nel 1960 conquistò l’indipendenza con il nome di Repubblica Centrafricana, pur conservando forti legami con la Francia. Paese povero di materie prime, al centro del continente e quindi tradizionalmente svantaggiato dalla mancanza di accesso ai mari, negli anni dell’indipendenza risentì particolarmente della sua storia di terra di razzia per gli schiavisti arabi e poi di brutale sfruttamento coloniale. Principale artefice dell’indipendenza fu Barthélemy Boganda, leader del Movimento economico e sociale dell’Africa nera (MESAN). Dopo la sua morte nel 1959, divenne capo dello stato e del governo David Dacko. Nel 1962 fu costituito un regime a partito unico, ma già il 31 dicembre 1965 il colonnello Jean Bedel Bokassa si impadronì del potere. Egli instaurò allora una efferata dittatura, abolendo le libertà civili e politiche e diede sfogo a una patologica megalomania, tanto più stridente in un paese tra i più poveri del mondo: nel 1972 divenne presidente a vita e nel 1976 promulgò una nuova costituzione che istituiva l’impero. Nel settembre 1979 un nuovo colpo di stato diretto da David Dacko destituì Bokassa e restaurò la repubblica, ma nel settembre 1981 il generale André Kolingba si impadronì del potere e formò un governo composto da militari e civili durato fino al 1986, quando fu approvata mediante referendum una nuova costituzione che istituiva un regime a partito unico, il Raggruppamento democratico centrafricano (RDC). Ad aggravare negli ultimi decenni la difficile situazione di un’economia rimasta sostanzialmente agricola furono la cronica assenza di infrastrutture e gli effetti della desertificazione della fascia subsahariana. Il fatto di rivestire un interesse strategico per la Francia (per la presenza sul suo territorio di due fra le più importanti basi militari francesi in Africa, Bangui e Bouar) comportò una politica ambigua dell’ex madrepatria nei suoi confronti, che aggravò la consueta spirale – tipica di molti paesi africani – fra arretratezza economica e instabilità politica (significativo in tal senso l’ambiguo appoggio fornito al dittatore Bokassa e la sua destituzione con un intervento militare diretto). Dopo il processo a Bokassa, conclusosi nel 1987 con la sua condanna all’ergastolo, alle elezioni del 1987 Kolingba riuscì a mantenere saldamente il potere. Nel 1993 Bokassa fu liberato. Le elezioni di quell’anno portarono al potere il presidente Ange Félix Patassé. Questi cercò di ridurre il potere dei militari facendo varare anche a questo scopo una nuova costituzione nel 1995, che attribuì il comando delle forze armate al presidente; il che provocò un susseguirsi di atti di ribellione, che indussero gli stati vicini e la Francia a intervenire ripetutamente a suo sostegno. Nel 1998 il Consiglio di sicurezza dell’ONU inviò un corpo di spedizione nel paese per vigilare sul rispetto dell’accordo siglato l’anno precedente tra il governo e i ribelli e sulla regolarità delle elezioni del 1999, che riconfermarono Patassé alla guida del paese. Nel 2001 si verificò un tentativo di colpo di stato, respinto dal presidente Patassé grazie al contributo di un corpo di spedizione libico. Ne seguì un altro nel 2003, che, sotto la guida del generale Francois Bozizé, portò al rovesciamento di Patassé. Il nuovo governo di transizione fece allora approvare una nuova costituzione e nelle elezioni del 2005 fu eletto presidente lo stesso Bozizé. Sempre nel 2005, la ripresa delle ostilità tra il governo e le forze ribelli spinse decine di migliaia di profughi a trovare rifugio in Ciad. Inizialmente previste per il 2010, le successive elezioni presidenziali furono rimandate ai primi mesi del 2011 e riconfermarono al potere Bozizé. Tuttavia, già nel 2012, una nuova formazione di ribelli, Seleka, lanciò una serie di attacchi nella regione settentrionale del paese, richiedendo l’esautorazione di Bozizé.
Nel gennaio 2013 fu raggiunto un accordo, ma, già dopo pochi mesi, furono riprese le ostilità. Seleka conquistò Bangui e Bozizé fu dunque costretto ad abbandonare il paese. Il colpo di stato fu severamente condannato dalla comunità internazionale e dall’Unione africana. Il leader di Seleka, Mich Djotodia sospese la costituzione, sciolse il governo e si autoproclamò capo dello Stato.